consumi

L’Italia è in recessione da 5 anni e il 2012 è decisamente l’anno peggiore: da metà 2007 il Pil è sceso del 7% ed abbiamo un milione di disoccupati in più; solo nel 2012 il Pil è sceso del 2,3%, con un taglio della spesa delle famiglie del 2,3% e una disoccupazione che è arrivata al 10,2%. La domanda interna è in crisi sotto tutti i punti di vista; le esportazioni crescono, ma non sono in grado di trainare la nostra economia. E’ il quadro macroeconomico del nostro Paese, tracciato dal Rapporto Confesercenti-Ref, presentato ieri a Roma.
Forse il peggio è passato e ci siamo allontanati dal rischio baratro; ma il 2013 non sarà l’anno della crescita. Piuttosto di un rallentamento della crisi: si prevede un Pil ancora negativo (-0,4%), così come la spesa delle famiglie (-0,4%), e un tasso di disoccupazione ancora in crescita (11,1%).
Ci sarebbero, infatti, alcuni nodi da sciogliere per uscire davvero dal tunnel: sono tutti elementi intrecciati, ma determinanti. Si parte dal peso elevato del fisco italiano: il 2012, come negarlo, è stato l’anno di massima restrizione fiscale per l’economia e quest’impulso potrebbe esserci anche nel 2013, dove però eventuali ulteriori misure di segno restrittivo potrebbero essere accolte molto sfavorevolmente, soprattutto dalle famiglie. Il riferimento è all’ipotesi di un ulteriore aumento dell’Iva che comprimerebbe ancora di più i consumi.
C’è poi il problema dell’accesso al credito che grava su imprese e famiglie, e del debito pubblico per cui bisogna riuscire veramente ad aggredire i nodi degli sprechi, dei costi della politica, delle tante inefficienze.
E veniamo al potere d’acquisto degli italiani, fortemente ridotto per le nuove tasse, la crescente disoccupazione, l’aumento dei prezzi al consumo. Le famiglie hanno quindi registrato un nuovo abbassamento del loro potere d’acquisto dopo la pesante caduta subita fra il 2008 e il 2009. Se allora si era riusciti a tenere i propri livelli di spesa aggredendo il risparmio, questa volta non è stato possibile: la riduzione del reddito disponibile si è trasferita immediatamente sui livelli di consumo, in particolare sugli acquisti di beni durevoli.
La contrazione dei consumi influisce anche sul calo occupazionale, soprattutto nel lavoro autonomo (commercianti al dettaglio, artigiani e microimprenditori. Un settore che dà qualche speranza è quello del turismo che potrebbe intercettare flussi di domanda internazionale. Bisogna, però, investire. E questo vale un po’ per tutti i settori.

“Il rapporto indica con chiarezza che anche il 2013 sarà un anno difficile, caratterizzato dalla prevalenza di segni meno, nonostante un rallentamento della crisi – ha detto Marco Venturi, Presidente di Confesercenti – La sfida che va lanciata, secondo Confesercenti, è quella di agire con determinazione per trasformare i segni meno davanti ai dati del 2013 in segni positivi. E’ questo il vero ribaltone che l’Italia attende”.

Confesercenti ha alcune proposte per far sì che il 2013 sia l’anno di svolta per l’economia italiana. “Occorre accelerare sui provvedimenti per la crescita, dotandoli di maggiore sostegno e facendo sì che siano più incisivi, senza accontentarsi di una decelerazione della crisi. La vera sfida sarà ribaltare l’atteso -0,4% del Pil in uno +0,4%, facendo leva su una politica di bilancio decisamente ed energicamente orientata alla crescita, tagliando la spesa pubblica per ridurre la pressione fiscale.
“Se, come riteniamo, è possibile recuperare immediatamente almeno 20 miliardi da destinare alla riduzione della pressione fiscale”. Dove tagliare? Sicuramente sui costi dei livelli istituzionali e della politica, sulle società partecipate dagli enti locali e sugli immobili e gli asset pubblici. Questi 20 miliardi sarebbero utili a far ripartire gli investimenti, realizzare una riduzione del costo del lavoro e influire direttamente sulla rispresa dei consumi.


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