Non si arresta la corsa verso l’alto dell’inflazione: nel mese di febbraio 2017, secondo le stime preliminari fatte dall’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% rispetto al mese precedente e dell’1,5% nei confronti di febbraio 2016 (era +1,0% a gennaio). È il tasso più elevato mai registrato da marzo 2013.Su base annua la crescita dei prezzi dei beni (+1,9%, da +1,2% di gennaio) segna un’accelerazione più marcata rispetto a quella dei servizi (+0,9%, da +0,7% del mese precedente). Di conseguenza, rispetto a gennaio, il differenziale inflazionistico negativo tra servizi e beni raddoppia portandosi a meno 1,0 punti percentuali (da meno 0,5 di gennaio). L’inflazione acquisita per il 2017 risulta pari a +1,0%.

carrello della spesaI prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dell’1,1% su base mensile e del 3,1% su base annua (era +1,9% a gennaio). I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto aumentano dello 0,7% in termini congiunturali e registrano una crescita su base annua del 3,2%, da +2,2% del mese precedente.

Con l’inflazione a questo livello, in termini annui, le ricadute sui prezzi ammonteranno a +444 euro a famiglia. Ad allarmare è soprattutto la crescita del carrello della spesa, vale a dire i prodotti con maggiore frequenza di acquisto da parte delle famiglie che comporterà un aggravio pari a +173,60 euro annui a famiglia.

Ad incidere su questa impennata contribuiscono gli aumenti, nonché quello dei carburanti (che incidono in maniera determinante sui prezzi dal momento che i beni di consumo sono trasportati per l’86% su gomma), delle autostrade e dei costi di energia elettrica e gas.

Come sosteniamo da sempre”, dichiarano congiuntamente Federconsumatori e Adusbef, “la ripresa occupazionale consentirebbe una redistribuzione dei redditi indispensabile a dare nuovo ossigeno alle famiglie ed a far ripartire la domanda interna che langue da anni (basti pensare che dal 2012 ad oggi i consumi delle famiglie hanno registrato una diminuzione pari al -10,8%, che equivale ad una minore spesa di circa 76,7 miliardi di euro)”. “Si tratta di una priorità dettata non solo da esigenze economiche, ma da una necessità in termini etici e sociali. Dare lavoro ai giovani significa costruire un futuro per il Paese. Significa aprirsi ad una prospettiva ampia e lungimirante, proiettata verso la fuoriuscita dalla lunga crisi che ancora opprime le famiglie”, dichiarano i presidenti Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti.

Il balzo dell’inflazione all’1,5% significa, per una coppia con due figli, la classica famiglia italiana, avere una maggior spesa annua di 570 euro. Nulla di buono, insomma!”, sottolinea Massimiliano Dona, presidente di Unione Nazionale Consumatori. “Il rialzo dei prezzi non dipende da una ripresa della domanda, ma dalle speculazioni su frutta e verdura e dal rialzo dei beni energetici non regolamentati. Insomma abbiamo importato inflazione”, afferma Dona.

Secondo i calcoli dell’associazione, se l’incremento dei prezzi dell’1,5% significa pagare, in termini di aumento del costo della vita, per l’inesistente famiglia media Istat da 2,4 componenti, 450 euro in più nei dodici mesi, per la tradizionale famiglia con 2 figli significa sborsare 570 euro in più su base annua. Per un coppia con 1 figlio, la maggior spesa è pari a 535 euro, 295 per un pensionato con più di 65 anni, 301 euro per un single con meno di 35 anni, 436 euro per una coppia senza figli con meno di 35 anni.


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