Coldiretti: il vino italiano a 30 anni dal metanolo
Il 2015 è stato l’anno d’oro per il settore vinicolo in Italia. Il record più importante sono risultate le esportazioni: nel mondo 1 bottiglia di vino su 5 è prodotta in Italia, risultato che, in termini economici si traduce in un valore pari a 5,4 miliardi di euro su un totale di 9,4 miliardi realizzato dal settore. Sono questi i principali dati emersi dalla ricerca condotta da Coldiretti e dalla fondazione per le qualità italiane, Symbola, dal titolo “Accadde Domani. A 30 anni dal metanolo. Il vino italiano verso la qualità”.
Ma non finisce qui. Il 66% delle volte ad essere esportati sono vini di qualità Doc/Dog o Igt e la maggior parte di essi finisce sul mercato USA, diventato il primo a recepire il Made in Italy vinicolo (1,3 miliardi di euro di esportazioni). A subire il fascino del vino italiano sono anche nuovi mercati, prima inesplorati, come la Cina dalla quale si sono raccolti 80 milioni di euro di vendite nel 2015. Storico anche il sorpasso dello spumante sullo champagne: nello scorso anno nel mondo si sono stappate molte più bottiglie di bollicine italiane che francesi (+50%).
Dati che nel complesso fanno sentire sempre più lontani gli anni in cui il settore della produzione vinicola del nostro Paese sentiva pesantemente gli effetti dello scaldalo del metanolo, alcol naturale che se aumentato dolosamente provoca danni alla salute. Era il 18 marzo del 1986 quando furono segnalati alcuni casi di avvelenamento da tale sostanza nell’area del milanese. Da questi casi partì un’inchiesta che portò alla luce forse uno dei più clamorosi casi di frode alimentare che fece 23 vittime e decine altre persone con lesioni gravi da intossicazione.
“Tuttavia, nonostante sembrasse non esserci più alcuna possibilità di ripresa, il settore è riuscito a risalire la china e a tornare ad imporsi sul mercato”, ha commentato l’On. Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola. “Quello che è accaduto dopo lo scandalo rappresenta la metafora della missione del nostro Paese: la domanda di Italia nel mondo è legata alla qualità, alla bellezza, alla cultura. Per intercettare tale domanda bisogna andare avanti sulla strada dell’innovazione senza perdere di vista l’identità del territorio”.
In effetti, molte cose sono cambiate dal 1986 ad oggi. Tanto per cominciare la produzione si è considerevolmente ridotta rispetto a 30 anni fa (-38%), ma tale calo si è accompagnato ad una notevole attenzione rivolta alla qualità che ha portato l’Italia a conquistare il primato europeo nel settore. Anche i consumi interni si sono ridimensionati, attestandosi a 37 litri a persona per anno, contro i 68 del 1986. Si beve meno ma forse si beve meglio.
“La parabola percorsa dal vino italiano negli ultimi 30 anni dimostra che si può uscire da una crisi più forti di prima”, ha dichiarato il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, “È chiaro che si tratta di un lavoro lungo e difficile, ma è una strada che si può percorrere. I risultati raggiunti non devono farci pensare che ci si può rilassare: la competizione resta sempre molto alta e le frontiere su cui lavorare rimangono aperte a ulteriori miglioramenti: elevare ulteriormente la qualità, valutare nuovi mercati e scenari economici, migliorare la regolamentazione, incentivare l’innovazione. Sono tutti aspetti che possono concorrere a consolidare i risultati ottenuti”. Dello stesso parere anche il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo che ha sottolineato come in questo momento “la sfida è mantenere le posizioni acquisite, combattendo la concorrenza sleale dei produttori internazionali che si concretizza nella vinopirateria che provoca perdite per oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali”. Da qui l’importanza, sottolineata a sua volta anche dal Ministro Martina, della tracciabilità come strumento che permette di certificare la provenienza e la qualità del prodotto, in un quadro d’insieme che regolamenta il rapporto diretto tra produttore e cittadino/consumatore.