Disagio insediativo, Legambiente e Unioncamere presentano Rapporto
L’85% dei Comuni italiani (ben 6.875) ha meno di 10.000 abitanti. L’armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa che rappresenta una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale; una certezza nella manutenzione del territorio; un’opportunità di sviluppo economico. Ma lo spopolamento e l’impoverimento di vaste aree – soprattutto pedemontane, montane e insulari – ha assunto nel secondo dopoguerra caratteri strutturali delineando un’Italia del “Disagio insediativo”.
La ricerca presentata oggi a Roma da Legambiente e Unioncamere è basata su 168 indicatori comunali e l’applicazione di diversi approcci, tra cui l’analisi neurale che ha individuato 9 cluster di appartenenza a disagio, medietà o migliori performance insediative. Le variabili sono state raccolte in 8 famiglie: agricoltura, istruzione e formazione, risorse umane e occupazione, potenzialità dei territori, impresa e lavoro, demografia, ricchezza, turismo.
In sintesi, “l’Italia che va” si caratterizza per la dimensione dei centri urbani e per una sempre più marcata separazione tra un nord più veloce e vicino alle performance europee e un sud caratterizzato da elementi critici: la “piccola dimensione” è un forte limite rispetto alle esigenze di capitalizzazione e di competitività. La microterritorialità, sebbene legata a forti potenzialità storiche, turistiche, enogastronomiche e paesaggistiche, risulta un freno deciso alla capacità dei territori di promuovere uno sviluppo concreto, per mancanza di specifiche politiche di intervento e governance dello sviluppo.
“L’analisi – evidenzia il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – ci dimostra che l’amore di ciascuno di noi per i propri luoghi non basta più. L’ombra del campanile rischia troppo spesso di essere soffocante. Oggi 2.666 realtà comunali si trovano in una situazione di disagio demografico ed economico, con il pericolo che resti tagliato fuori dallo sviluppo più di un quarto della superficie del nostro straordinario Paese. Questa constatazione deve renderci consapevoli del fatto che occorrono nuove politiche più mirate, che puntino alla creazione di occasioni di lavoro e di sviluppo del sistema produttivo in un’ottica di rete. In questa direzione si muove la nuova strategia nazionale per le Aree interne, nell’ambito della programmazione comunitaria 2014-2020. Come Sistema camerale, ci ritroviamo pienamente nelle sue indicazioni e abbiamo la consapevolezza di poter contribuire a dare un forte impulso al rilancio di queste aree del Paese, avvalendoci della Task force che abbiamo di recente costituito proprio per impegnarci in maniera più strutturata sui due livelli di programmazione, nazionale e regionale”.
“Questa indagine fotografa un’Italia di risorse ambientali e culturali che rischia di scomparire a causa del poco dinamismo economico e sociale, malgrado rappresenti i territori della custodia di beni comuni, della conservazione della biodiversità, dell’identità e dei saperi che ci rendono unici – ha dichiarato Vanessa Pallucchi, responsabile Qualità culturale dei territori di Legambiente -. Innovazione, partecipazione e condivisione sono le parole chiave da cui far ripartire questi territori. Un importante ruolo potrà essere esercitato dalle organizzazioni della società civile che possono facilitare la messa in rete ed il potenziamento delle risorse umane e culturali. Per questo riteniamo che sia estremamente importante che i prossimi fondi europei siano utilizzati in modo strettamente mirato per questa operazione strutturale di connessione dei territori”.
“ Serve uno shock creativo: dalle mille eccezioni partigiane a un “progetto ombrello” che si concentri solo sugli ambiti di vero, possibile successo – hanno dichiarato i curatori della ricerca Sandro Polci e Roberto Gambassi. Non abbiamo le risorse per tutte le nostre ghost town, è tempo di scegliere.”