Apriamo con questo intervento a cura dell’ avvocato Eugenio Diffidenti, Coordinatore regionale MDC Campania, una “Tribuna elettorale dei consumatori” invitando i dirigenti nazionali e territoriali ad inviarci contributi al dibattito.
L’Agenda Monti: ovvero il progetto per portare al superamento del predominio della casta politica (intesa come degenerazione patologica della rappresentanza politica popolare già più o meno al servizio dei gruppi economici) con l’assoggettamento diretto dell’ordinamento istituzionale alle regole ed alle esigenze dell’aristocrazia economica e dei potentati economici transnazionali. L’agenda Monti. L’ennesima finzione ideologica orientata a favorire trust, cartelli, potentati e la sola aristocrazia economica nazionale.
 
Il discorso del prof. Monti ed il suo documento pubblicato online, hanno semplicemente ribadito la necessita’ dell’aumento del prelievo fiscale, come operato finora dal suo governo e come già programmato in prospettiva (con possibilità solo futura di una eventuale diminuzione) , e l’esigenza per il prosieguo di rendere il mercato italiano del lavoro ancora piu’ flessibile. La pressione fiscale del governo Monti si e’ abbattuta in maniera determinante verso le soli classi medio e basse le quali dovrebbero essere anche le destinatarie della ulteriore flessibilizzazioni del mercato del lavoro  attraverso la diminuzione delle garanzie del lavoratore (anche con la eliminazione della bipartizione tra lavoratori dipendenti protetti e non protetti, a favore della permanenza di una sola categoria meno protetta) e del libero professionista, con riduzione ulteriore delle retribuzioni e dei compensi (o del loro potere d’acquisto). In poche parole le classi medie e basse non solo “cornute ma anche mazziate”. Questa sarebbe la ricetta per far affluire gli investimenti dall’estero (in assenza di investimenti interni) nel mercato italiano, e per favorire la ripresa.
Le pensioni, secondo la medesima prospettazione, dovrebbero essere garantita dai Fondi privati, mai decollati in maniera determinante, per il cui sviluppo il documento auspica la loro unificazione in un solo soggetto privato, si ritiene al fine di renderlo appetibile e gestibile da uno dei soliti gruppi economico-bancari di riferimento nazionale, e di sminuire contemporaneamente l’importanza e la funzione degli enti previdenziali di natura pubblica.
Il welfare, nel  solco del medesimo pensiero,  dovrebbe essere ancora piu’ “razionalizzato” con riduzioni di spese, per  ottenere le quali si indicano solo due marginali misure concrete quali il potenziamento dell’assistenza domiciliare ed il volontariato (probabilmente si tenderà anche in tale settore a spingere verso l’acquisto contemporaneo di polizze assicurative sanitarie private favorendo ancora una volta i soliti noti gruppi).
Il documento pone come ulteriore obiettivo l’incremento della ricerca e la valorizzazione della funzione scuola, ma in maniera schizofrenica perché inquadrata contemporaneamente nell’ambito della riduzione di spesa.  Il Prof. Monti propone altresi’ la semplificazione amministrativa e la eliminazione, nei primi cento giorni del nuovo governo, di 100 procedure, non indica però quali esse siano (agevole il parallello con Calderoli quando era Ministro anche per la semplificazione). Nel turismo, per la tutela del patrimonio,  il documento auspica l’interesse ed il coinvolgimento di gruppi economici privati di derivazione non bancaria.
Il realta’ si teme fortemente che tutta l’architettura del pensiero montiano presupponga non la “liberalizzazione”, bensi’ la privatizzazione di ampi settori di interesse strategico nazionale al fine di renderli direttamente gestibili dai potentati e dall’aristocrazia economica senza alcun filtro istituzionale di legittimazione popolare attraverso un loro controllo politico-rappresentativo.
L’azione pubblica nella gestione degli ambiti presi sin qui in considerazione, secondo la nostra Costituzione, avrebbe dovuto essere informata al criterio di “economicità” il cui rispetto da parte della classe politica e dei funzionari e dirigenti pubblici  avrebbe  assicurato certamente un costo sociale dei servizi resi ben piu’ basso di quello che si avrebbe affidando i medesimi servizi a dei privati. Infatti per la gestione i privati nel costo di erogazione del servizio deve essere incluso anche il profitto. Orbene  e’ stata solo la distorsione della politica (e di alcuni apparati “deviati”) nella gestione della res pubblica ed il mancato rispetto dei dettami costituzionali, che ci hanno portato alla situazione odierna (nella quale addiruttura si argomenta che per ridurre sprechi e spesa pubblica, intesa come incidenza sociale della spesa, occorrerebbe affidare i settori alla gestione dei privati). Ma bisogna tenere in debito  conto che la riduzione della spesa pubblica (quella  affrontata direttamente dallo Stato per la erogazione  del bene o del servizio) conseguita con la privatizzazione deve coniugarsi ad una diminuzione dell’incidenza sociale della medesima spesa (intesa come costo che il cittadino affronta per assicurarsi il medesimo bene o servizio dai privati) per tradursi in effetti benefici complessivi sul quadro economico nazionale (se diminuisce la spesa pubblica ed aumenta a disimisura, come già avvenuto,  la spesa del cittadino per assicurarsi il medesimo bene o servizio dai privati si perdono gli eventuali beniefici del risparmio).
Quanto sino a questo punto argomentato  non ci puo’ far concludere per l’aprioristica affermazione della impercorribilità della gestione pubblica nei settori presi in considerazione, preso atto dell’aumento dei prezzi esponenziale nei settori di quelli prima a gestione pubblica già privatizzati. La gestione pubblica in questi ambiti  non e’ mai stata messa in discussione in altri paesi europei come la Germania (pur presa come riferimento costante per altri aspetti).  In realtà la politica “liberista” del Prof. Monti appare orientata a senso unico nell’impoverire e nel privare di garanzie le classi medio basse della popolazione, favorisce unicamente l’aristocrazia economica, i potentati economici, le lobbies bancarie-assicurative, dell’energia, e gli accordi di cartello che vedranno tutti aumentare ancora maggiormente i loro margini di profitto in mercati bloccati da pratiche illecite distorsive  (su cui il documento si guarda bene dall’argomentare) che hanno provocato l’incapacita’ di far flettere al ribasso dei prezzi dei beni e dei servizi (affidati al privati), sebbene in periodi di crisi come quelli attuali, la domanda dei beni e servizi cali e calino anche i costi delle materie prime.
Ed e’ proprio questa incapacita’ dei prezzi dei beni e servizi di larga distribuzione (affidata a privati) di flettere al ribasso, in cui operano in regime di oligopolio trust, lobbies, potentati economici, che fa perdurare la crisi attuale. Se la tassazione diretta ed indiretta aumenta e non puo’ diminuire, a parita’ di reddito disponibile ed in mancanza di investimenti, l’unica dinamica che puo’ provocare l’aumento della produzione e’ la diminuzione dei prezzi dei beni e servizi di larga distribuzione. E’ chiaro che la diminuzione dei prezzi dei beni e servizi comporta una diminuzione del profitto sulla singola unita’ venduta ma essa verrà compensata (nel medio-lungo periodo) dall’aumento delle vendite che provocherà, a sua volta,  l’aumento della produzione e dell’occupazione e traccerà la strada per l’uscita dalla crisi recessiva.
La flessibilità montiana si coniuga con diminuzioni salariali (operai ed impiegati) e dei compensi (liberi professionisti), e con sostanziali ulteriori decrementi del potere d’acquisto dei redditi delle famiglie, ed inneschera’ nuove dinamiche recessive, la diminuzione delle vendite e la necessita’ di aumentare di nuovo le tasse per correlativa diminuzione del gettito fiscale diretto ed indiretto. Il vero problema della nostra economia e’ da intravedere nello stato patologico del mercato nazionale nel quale a diminuzione di quantità  vendute di beni e servizi e’ corrisposto invece di una diminuzione dei prezzi il loro aumento, proprio per compensare il mancato guadagno conseguente al calo delle vendite e delle quantità, e cio’ anche in presenza di diminuzione dei prezzi delle materie prime (ad esempio il prezzo del petrolio al barile o il prezzo alla produzione dei prodotti agricoli  e degli allevamenti). Ma di queste problematiche nell’agenda non vi e’ traccia.
Le stesse liberalizzazioni  montiane sono intese solo come privatizzazioni di beni e servizi pubblici, che dovranno essere rilevati dai soliti potentati economici i quali interverranno da una parte riducendo il personale (con ulteriore flessione dell’occupazione) e dall’altro, sfruttando il sostanziale oligopolio domestico,  con dinamiche rialziste dei prezzi a senso unico (come ad es. e’ avvenuto nel mercato delle energie e del trasporto ferroviario).  Sono necessari interventi immediati al fine di favorire una riduzione perlomeno del 20% dei prezzi dei beni di largo consumo e dei principali servizi aggredendo le posizioni dominanti delle vere lobbies (non certo di tassisti o di avvocati o anche farmacisti, classe media), gli accordi di cartello, i trust che si annidano nel settore bancario-assicurativo, nel mercato delle energie, ma anche nella distribuzione e commercializzazione dei beni di prima necessita’ del settore alimentare.
Bisogna favorire gli investimenti con la defiscalizzazione degli investimenti produttivi e con misure di ammodernamento infrastrutturale immediatamente correlate al ciclo produttivo.  La normativa attualmente applicata a livello nazionale e comunitario e’ inidonea al superamento della crisi, in quanto presuppone un mercato libero mentre il nostro domestico e’ imbrigliato in un sostanziale oligopolio costituito da potentati economici rappresentato nel paese dall’aristocrazia economica, la quale pur costituendo il solo 10% della popolazione possiede il 50% della ricchezza nazionale (e chissà quanto altro all’estero). Le politiche montiane sono rivolte in maniera univoca a rafforzare il predominio dell’aristocrazia economica.
 
A cura dell’avv. Eugenio Diffidenti, Coordinatore regionale MDC Campania.
Il Testo esprime valutazioni relative ad una posizione personale indipendente che non rispecchia la presa di posizione politica dell’associazione MDC e viene inoltrata al solo fine di favorire un eventuale dialogo interno sulle tematiche affrontate.


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6 thoughts on “L’Agenda Monti nella lettura di un dirigente consumerista

  1. E’ tutto vero quello che ho letto ma purtroppo in questa Italia tutto va a rotolo, speriamo che con queste elez/ni gli italiani diano una grande svolta e mandare a casa tutto il vecchio e dare spazio ai giovani.

  2. Attenzione, i margini delle aziende produttive sono allo stremo, bisogna limare sul costo dei carburanti dei trasporti e sui vari strozzinaggi nella catena distributiva, altrimenti non si riparte né con la produzione né con l’occupazione. Un calo di prezzo al consumo del 20% è un sogno, al pari delle promesse di Monti. Bisogna mettere mano alla razionalizzazione dei servizi in termine di personale, gonfiato a dismisura dalla politica (voti) in TUTTE LE AZIENDE PUBBLICHE,, nelle municipalizzate ed in quelle da poco privatizzate, RAI, ENI, etc. Etc., ASL dove tanta gente timbra solo il cartellino, anche nella scuola dove molti immeritevoli , molto politicizzati fanno solo danni e non lavorano seriamente, pensate i soldi buttati via negli anni e i danni educativi sulle nuove generazioni : LICENZIARE I DIRIGENTI dove questo avviene (non dovrebbe essere messo in evidenza da “Striscia l. n.”, ma scoperto all’interno a cura del “manico”, e al di là degli orientamenti politici, aveva 1000 ragioni Brunetta che parlava di tanti fannulloni che non fanno niente in mezzo a tanta gente onesta, ma danno anche fastidio, depositari di soli diritti e nessun dovere) . Ultimo riformare la magistratura che su base di leggi cavillose riammetterebbe al lavoro i fanulloni licenziati per giusta causa.
    Recuperare capitali dai patrimoni di chi ha impostato opere inutili ed incompiute: sono politici di ogni colore equiparabili alle mafie. Sottoporre al vaglio di fattibilità e congruità tutti gli investimenti pubblici.

  3. Non ritengo che la diminuzione dei prezzi proposta debbe tradursi necessariamente in una diminuzione di margini per le aziende. La diminuzione dei prezzi deve conseguire alla eliminazione delle posizioni parassitaria nella filiera che dalla produzione arriva alla commercializzazione del prodotto ed alla lotta degli oligopoli e trust che alterano le normali dinamiche del mercato laddove a diminuzione di quantità vendute domanda dovrebbe consegueire una diminuzione dei prezzi che non si verifica (vedi mercato energie, assicurazioni, banche, ma anche settore alimentare, dei trasporti con Trenitalia etc. etc). Pur verificandosi la flessione dei prezzi alla produzione in alcuni settori per esempio il latte, la farina il prezzo alla vendita del latte e del pane negli ultimi tempi è notevolmente aumentato come quello della pasta. In mancanza di investimenti e con l’imposizione fiscale che non può calare, l’unica variabile su cui si può agire affinché il mercato si riprenda sono i prezzi. La diminuzione dei prezzi dovrebbe comportare un aumento delle vendite, della produzione e dell’occupazione e nel lungo medio periodo anche del profitto per le aziende. Uno dei problemi principali del nostro mercato interno è la rigidità dei prezzi al ribasso ed il fenomeno patologico del rialzo di essi addirittura in presenza di diminuzione di vendite .

  4. Il maggior difetto della proposta Monti sta nella supponenza. Propone ricette già sperimentate in passato che hanno sortito effetti contrastanti.
    Tutto si regge sulla convizione propria di essere il migliore. Il salvatore della Patria. Convinzione che si è rafforzata per l’appoggio che tutti i mezzi di comunicazione gli hanno dato.
    La supposta superiorità dei professori e di quanti non vengono dalla politica si scontra che l’evidente insuccesso dei provvedimenti attuati. Il debito pubblico è aumentato, la disoccupazione pure. I tecnici al comando hanno quasi sempre provocato danni. Un esempio per tutti è stato negli anni 80 il Decreto Stammati.
    I cosidetti tecnici provengono quasi tutti dall’apparato pubblico o semipubblico. Proprio l’apparato sul quale maggiormente si dovrebbe incidere per ridurre i costi e dare funzionalità ai servizi. La connivenza fra questo apparato è risultata palese nel caso della sentenza lampo della Corte Costituzionale che ha cancellato la riduzione del 10% degli stipendi dei dirigenti pubblici. Sarebbe bastato modificare il decreto ed inserire la norma del “prestito forzoso vincolato per 5 anni” già attuata negli anni 80 per ottenere un risultato economico simile.

  5. Auspicare una diminuzione dei prezzi in una situazione di contrazione del mercato come quella attuale forse può essere considerato un sogno, ma è un sogno di normalità. La contrazione della domanda dovrebbe comportare automaticamente la diminuzione dei prezzi in mercati “sani”, non certo come il nostro mercato interno ammalato di trust, oligopoli laddove addirittura se la domanda interna si contrae accade il contrario ovvero i prezzi dei beni e servizi di larga distribuzione aumentano. La diminuzione dei prezzi può avvenire senza alcun nocumento per le aziede produttive rimuovendo le posizioni parassitarie intermedie dalla filiera che dal produttore porta alla commercializzazione del prodotto al consumatore finale e contrastando gli accordi di cartello e gli oligopoli in settori come quello assicutativo (rc auto), bancario ( costo dei servizi e dell’erogazione del credito), delle energie, de trasporti (vedi trenitalia), ed anche nel settore alimentare nel quale pur in presenza di una progressiva diminuzione del prezzo di acquisto dal produttore (agricoltore o allevatore) si è verificato un aumento ingiustificato del prezzo del prodotto finito al consumatore finale ( cfr latte, pane, pasta etc.). Se l’imposizione fiscale non può diminuire ed in mancanza di investimenti interni, l’unica variabile che può flettere è quella dei prezzi dei prodotti di larga distribuzione. La riduzione dei prezzi nel medio lungo periodo porterà l’aumento delle vendite, della produzione, della occupazione ed anche del profitto complessivo delle aziende produttive (la c.d. ripresa). Invece fino ad oggi per salvagurdare gli stessi margini di profitto dovuto a maggiori vendite precedenti, in maniera miope e ottusa, il “mercato libero” si è orientato ad aumentare i prezzi per compensare il minore margine di guadagno complessivo dovuto alla flessione delle vendite.

Parliamone ;-)

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