Caro estinto, Notai: ecco cosa sapere sull’eredità digitale
A chi lascio in eredità il lavoro che ho sul pc e i soldi sul mio conto corrente online? Quando non ci sarò più, come faranno i miei eredi ad avere accesso alle password delle email e a tutti i file conservati in pc, hard disk esterni, cloud, online? L’identità digitale è fatta anche di un insieme di rapporti che hanno una rilevanza patrimoniale e vanno in eredità. Di eredità digitale Help Consumatori ha parlato con Ugo Bechini, Componente della Commissione Informatica del Consiglio Nazionale del Notariato.
Le dinamiche che possono innescarsi sono complicate. Un esempio tipico è quello del conto corrente online: un conto è condividere con qualcuno le password per accedervi, un conto è essere proprietario del denaro che vi è depositato. Avere accesso a una risorsa non significa esserne proprietari. Se poi gli eredi vogliono recuperare le password del provider di posta elettronica del caro estinto, rischiano di dover andare in tribunale negli Stati Uniti, perché gran parte dei servizi online sono basati all’estero. Per questo è bene decidere in vita a chi lasciare password e chiavi di accesso. In caso contrario, i problemi che possono sorgere non sono affatto irrilevanti e la legge non provvederà per noi. Il Notariato ha messo online un decalogo sull’eredità digitale proprio per orientarsi.
Quando si parla di identità digitale, bisogna chiarire che da un lato ci sono tutte le tracce lasciate su internet attraverso i social network, dall’altra ci sono “l’insieme dei rapporti a rilevanza giuridica, anche patrimoniale, che si intrattengono su internet, ad esempio facendo degli acquisti, aprendo un conto online, depositando su dei cloud materiale provvisto di un valore economico intrinseco”, spiega Bechini. Quando si parla di eredità, dunque, “parliamo di eredità di beni che hanno un valore economico tangibile. Pensiamo ad esempio al conto online. Per i social network, si parla invece di esigenze di riservatezza, di decoro e di opportunità di informazioni che comunque il defunto aveva inteso rendere pubbliche nella cerchia degli amici o comunque diffuso in vita. Altro è sapere cosa accade dei beni di interesse patrimoniale che sono raggiungibili e sono custoditi online”.
La questione riguarda conti correnti, documenti di lavoro, progetti che vanno recuperati o dati in eredità. Spiega l’esperto del Notariato: “Un giornalista può avere materiale preparato per un cliente. Un fotografo può avere un servizio che gli è stato commissionato. Un avvocato può avere nelle risorse online materiale sottoposto per un parere. Un esperto di tecnologia antincendio potrebbe avere il progetto di un edificio che gli è stato sottoposto per un’opinione. Tutti questi materiali appartengono a qualcuno. Il servizio del giornalista può essere della testata se è un lavoratore dipendente, degli eredi se è freelance. Uno dei messaggi importanti che trasmettiamo è questo: avere accesso online a una determinata risorsa non vuol dire essere proprietario dei beni accessibili”.
Un conto è l’accesso alle risorse online, un conto sapere di chi sono e a chi andranno. Spiega Bechini: “L’esempio più importante è quello del conto online: in una coppia non sposata e senza figli, anche se un partner ha lasciato all’altro le password e tutti gli strumenti per accedere al conto corrente, questo non vuol dire che alla sua morte la giacenza sul conto corrente passi al partner. Anzi passerà ai fratelli, ai genitori o persino ai cugini, in qualche caso, ma non al partner, a meno che non ci sia un testamento. Un conto sono le password e le chiavette che consentono l’accesso alla risorsa, altra questione è sapere di chi è quella risorsa”.
Cosa si fa, dunque? Una delle soluzioni più semplici è affidare le password a una persona di fiducia, per far sì che questa possa avere accesso alle risorse online. Le risorse stesse però, se hanno interesse patrimoniali, andranno agli eredi. Si chiama mandato post mortem. Spiega Bechini: “Il primo livello da considerare è l’opportunità di lasciare la password a qualcuno. Noi sconsigliamo che sia il partner, perché in caso di separazione o tensione nella coppia queste si possono trasformare in armi micidiali, ma si tratta di una scelta personale. Così si consente l’accesso alle risorse. Dopodiché le risorse vanno attribuite e fatte pervenire dalla persona di fiducia a chi ne ha diritto. E la persona che ne ha diritto può essere la più varia – spiega Bechini – Abbiamo fatto l’esempio del professionista che ha nei dischi online del materiale che non è suo: va restituito a chi ne ha diritto, in qualche caso al cliente o al datore di lavoro. I denari dovranno pervenire a chi ne ha diritto secondo le normali regole”.
Non si parla di “testamento digitale”, che non è espressione corretta. “Tecnicamente si parla di mandato post mortem, cioè individuare una persona che abbia l’incarico di accedere ai conti dopo la morte e di fare ciò che la persona gli aveva chiesto sulle questioni non di interesse patrimoniali, per esempio cancellare determinata posta. Per questioni di interesse patrimoniale, invece, bisogna rispettare i diritti patrimoniali che i soggetti hanno su questi beni”, spiega Bechini. Per il mandato post mortem non serve il notaio. Può essere addirittura verbale, anche se è meglio farlo per iscritto a tutela del mandatario stesso, cui si dà l’incarico, ad esempio, di distruggere una parte dei dati o di consegnarli a qualcuno. “Il limite – spiega l’esponente del Notariato – è che queste operazione non possono portare come loro effetto la sottrazione di una risorsa patrimoniale agli aventi diritto. Io non posso dire al mio amico: ‘se muoio, prendi i soldi dal mio conto corrente e dalli a una determinata persona’, perché il mandato post mortem non può riguardare l’allocazione e la destinazione di beni che hanno un valore patrimoniale. Non si possono bypassare le regole sull’eredità”.
Detto questo, l’operazione è opportuna perché il quadro giuridico è incerto. “Non contate sul fatto che la legge provvederà per voi”, avvertono i notai nel loro decalogo, e hanno un motivo per farlo: si rischiano costosi contenziosi internazionali anche solo per recuperare le password delle proprie email. Il perché lo illustra Bechini: “Il fatto che non esistano leggi specifiche è probabilmente il problema minore. Il problema più importante è che gran parte dei servizi online che usiamo quotidianamente, da Facebook a Gmail a Yahoo, sono basati all’estero e sono regolati da leggi locali. Ad esempio tutti i servizi della galassia Google sono sottoposti alle leggi della California, e la giurisdizione esclusiva è quella dei giudici della contea di Santa Clara. Questo significa che ogni contenzioso che possa attivarsi relativamente a queste risorse sarà sottoposto alla legge californiana e portato alla cognizione di un giudice americano. In sostanza: devo prendermi un avvocato in America che faccia causa davanti a un tribunale americano, con costi assolutamente di altro ordine di grandezza rispetto a quelli italiani. Non affidiamoci alla legge. Se muoio senza lasciare le mie password di Gmail, il tentativo dei miei eredi di avere le password per accedere alla mia posta sarà un tentativo difficilissimo, molto costoso e complicato. Non pensiamo che la legge ci tolga le castagne dal fuoco. Molto più semplice è provvedere col mandato post mortem”.
Detto questo, rimane poi quella identità digitale non patrimoniale fatta delle proprie tracce e delle proprie rappresentazioni online. Queste però, spiega Bechini, portano minori problemi e hanno a che fare soprattutto col diritto all’oblio. “Sull’aspetto non patrimoniale penso che i problemi giuridici siano più circoscritti perché stiamo parlando di materiali che sono stati messi volontariamente in Rete – argomenta l’esperto del Notariato – Si può porre, ma indipendentemente dalla morte, anzi soprattutto in vita, il problema del diritto all’oblio, quest’ultimo ancora abbastanza irrisolto”.
di Sabrina Bergamini
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