
Centromarca contro aumento Iva: + 528 euro di spesa a famiglia
Scongiurare l’aumento dell’Iva dal 21 al 23% (e dal 10 al 12%) che dovrebbe scattare ad ottobre prossimo (come previsto dal Decreto Salva-Italia). L’aumento peserebbe sul già provato potere d’acquisto degli italiani, che avrebbero una spesa maggiore di 528 euro all’anno a famiglia (44 euro al mese). Tra gli effetti ci sarebbe anche un rincaro medio dell’1,2% sui prezzi dei prodotti alimentari e dell’1,8% del non alimentare (come se non bastassero già le stime odierne dell’Istat sull’inflazione al 3,3% di giugno). E calerebbero ulteriormente i consumi rispettivamente dello 0,6% e dello 0,9%. E’ quanto emerge da uno studio di Ref per Centromarca.
Lo studio è stato presentato oggi durante l’assemblea 2012 che si è tenuta a Milano sul tema “Misure del Governo Monti, impatto sul comparto dei beni di consumo, implicazioni per i rapporti industria-distribuzione”. Secondo i dati quindi l’aumento dell’Iva avrebbe un impatto pervasivo dagli effetti devastanti: dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari (carne, pesce, ma anche caffé, acque minerali, alcolici), ad una maggiore spesa per le famiglie italiane che cercheranno di ridurre il più possibile i consumi, contraendo quelli alimentari e anche il resto. Lo studio stima che ogni famiglia cercherà di tagliare almeno 250 euro di spesa.
Tutto questo avrà effetti di recessione sul Pil (-0,5%) e sull’occupazione (-0,4%), con una perdita complessiva di 100mila posti di lavoro, in tutti i settori produttivi.
Secondo la stima di Symphony-Iri, inoltre, l’aumento dell’Iva dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 900 milioni di euro, ma da questi andrebbe tolto almeno il 40% (pari a circa 360 milioni di euro) che non entrerebbero a causa del calo delle vendite.
“L’azione sull’Iva infliggerebbe un colpo pesantissimo ai consumi – ha detto il presidente di Centromarca Luigi Bordoni – considerando anche il potere d’acquisto in calo a causa della crisi economica, dell’aumento della pressione fiscale e della crescita dei prezzi dei settori protetti non esposti alla concorrenza”.
Bordoni chiede al Governo interventi più decisi ed efficaci sul fronte liberalizzazioni e si sofferma sull’articolo 62 del Decreto Liberalizzazioni, che entrerà in vigore ad ottobre: la norma prevede vincoli per i tempi massimi di pagamento nella filiera agroalimentare ; ha l’obiettivo di assicurare rapporti contrattuali trasparenti, corretti, equilibrati. Sono, ad esempio, vietate condizioni ingiustificatamente gravose, extracontrattuali, retroattive, che non abbiano connessione con l’oggetto dei contratti, volte a conseguire indebite prestazioni unilaterali. Centromarca dà una valutazione positiva del provvedimento che “modifica profondamente una materia complessa e vitale per le imprese”.
Bordoni ha ricordato che in questi anni Centromarca ha promosso l’autodisciplina dei rapporti tra industria e distribuzione, ritenendola più flessibile e adattabile alle diverse situazioni di mercato. “Dispiace constatare – conclude Bordoni – che le proteste della gdo inerenti l’articolo 62 si siano estese anche nei confronti delle rappresentanze dei settori industriali, come Centromarca, e abbiano portato molti distributori a disertare incontri come quello odierno, che dovrebbero costituire occasioni di confronto nell’interesse del consumatore e del Paese”.
Anche le Associazioni dei consumatori si schierano contro l’aumento dell’Iva.
Per Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento Consumatori l’aumento avrebbe effetti gravi per i cittadini che vedrebbero ridotto, ancora, il loro potere di acquisto, ci sarebbe un ulteriore crollo dei consumi, e un effetto domino negativo su altri settori importanti della nostra economia: lievitazione dei prezzi, diminuzione delle esportazioni, perdita di posti di lavoro rappresentano le preoccupanti conseguenze di un aumento, cui anche i Ministri Catania e Passera hanno giustamente più volte detto no.
“Siamo fortemente contrari a questi ‘ritocchi’ che servono solo a tappare piccoli buchi, noncuranti della grande falla che potrebbero generare – sostiene Miozzi – l’aumento dell’Iva impoverirebbe ulteriormente un Paese che sta già facendo i conti con l’aumento della pressione fiscale, la crisi occupazionale e l’arresto di politiche efficaci atte allo sviluppo. La sua attuazione avrebbe quindi dannosissimi riflessi sul sistema economico italiano già indebolito da una profonda crisi”.
“Le famiglie non possono sopportare ulteriori aumenti dell’Iva. Già colpite dalla crisi e dai tagli al welfare, che costringe i nuclei familiari italiani a una spesa privata in crescita per asili nido, tassa rifiuti, acqua, solo per riferirci a quanto annualmente monitoriamo con il nostro Osservatorio Prezzi e tariffe, l’aumento dell’Iva le costringerebbe a fare i conti con ulteriori aumenti, a cominciare da quelli per la spesa alimentare – afferma Antonio Gaudioso, neo segretario generale di Cittadinanzattiva – Per questo chiediamo al Governo di scongiurare l’aumento dell’Iva previsto dal decreto Salva Italia. Piuttosto puntiamo su misure come quella avanzata ieri dal presidente dell’Authority dell’energia, Guido Bortoni, che propone di ridurre l’Iva sulle bollette con il gettito della Robin Hood tax introdotta sugli utili delle società più rilevanti”.
“Lo scenario disegnato oggi da Centromarca è preoccupante e siamo assolutamente d’accordo con la richiesta dell’assemblea di evitare il previsto aumento dell’Iva. I consumi alimentari e degli altri generi di largo consumo necessari alla vita quotidiana sono in calo ormai da molto tempo. Questo aggrava la crisi della filiera produttiva e commerciale, con ulteriori conseguenze occupazionali e quindi di perdita del potere di acquisto delle famiglie”. Questo il commento di Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino (MDC) che aggiunge: “L’aumento dell’Iva dal 21 al 23% e dal 10 al 12%, per i vari prodotti, che dovrebbe scattare a settembre potrebbe essere la misura “AffondaItalia”. Monti, che va giustamente chiedendo in tutta Europa misure per il rilancio e la crescita, non può fare scelte in Italia che deprimono ancora i consumi”.
