L’ultima polemica che si è sollevata sull’olio extravergine d’oliva italiano sta mettendo in crisi il Made in Italy onesto. Dopo che la Cina ha sollevato qualche perplessità sull’origine delle olive utilizzate per produrre l’olio italiano, c’è chi alza la voce per affermare che c’è olio e olio.
La Coldiretti chiede di fare immediatamente chiarezza sul caso, fornendo all’autorità cinese per la qualità tutte le informazioni sulle società italiane sospettate di vendere in Cina olio taroccato, cioè etichettato come olio d’oliva italiano, ma realizzato con oli provenienti da altri Paesi. “Bisogna evitare che – sottolinea la Coldiretti – soprattutto in Paesi emergenti importanti come la Cina, si radichi un falso Made in Italy identificato da marchi italiani, ma con poca o nulla materia prima nazionale, come purtroppo sta già avvenendo”. 
Ecco qualche dato dela Coldiretti: in Italia si producono in media 500mila tonnellate di olio di oliva che per il 60% è venduto come extravergine per un totale di circa 300mila tonnellate. Di queste, quasi un terzo per un totale di 100mila tonnellate sono destinate all’autoconsumo e alle vendite dirette. L’Italia è il principale importatore mondiale di olio di oliva per un totale di 470 mila tonnellate all’anno che vengono spesso miscelate alla produzione nazionale e alimentano i consumi nazionali di 700mila tonnellate e le esportazioni di circa 250mila tonnellate all’anno. La produzione nazionale si concentra in Puglia (35%), Calabria (33%), Sicilia (8%), Campania (6%), Abruzzo (4%), Lazio (4%), Toscana (3%) e Umbria (2%). Sono 42 – conclude la Coldiretti – gli oli italiani a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione Europea.
E proprio dalla Puglia olivicola e olearia parte una battaglia alla concorrenza sleale. La Cia-Confederazione italiana agricoltori di Puglia invierà una petizione al presidente dell’Ue Josè Barroso, al commissario all’Agricoltura, Dacian Ciolos, al presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro e al ministro delle Politiche agricole e forestali, Mario Catania, con la richiesta di abbassare la soglia massima degli alchil esteri, quei composti che si formano in seguito al degrado delle olive.
La Cia chiede che la soglia sia portata dagli attuali 75 a 30 milligrammi al chilo per non consentire miscele. “L’attuale percentuale di alchil esteri permette – spiega il presidente regionale della Cia Antonio Barile – di mettere in commercio con la dicitura “olio extravergine di oliva” anche oli ottenuti con miscele che possono contenere fino al 60% di oli lampanti rettificati e deodorati. Questo prodotto rappresenta la rovina dell’olivicoltura pugliese, che ha visto nelle settimane scorse crollare il prezzo dell’extravergine e delle olive”.


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