Olio, “deodorato”: cosa è cambiato dopo l’entrata in vigore delle norme Ue
Il Regolamento 61 del 2011, quello sui cd “deodorati”, è entrato in vigore lo scorso 1° aprile. A nove mesi dalla sua applicazione è lecito chiedersi se qualcosa è cambiato in meglio o in peggio.
Vale la pena ricordare che la normativa venne accolta sia come una novità a tutela dell’olio extravergine di qualità e del consumatore sia come una licenza di beffe legalizzate. Lo scorso 16 dicembre Ernesto Corradetti, Dirigente Dipartimento ARPAM (Agenzia Per La Protezione Ambientale Delle Marche ) di Ascoli Piceno, nel corso di un convegno sull’olio extra vergine di oliva organizzato dal Movimento Difesa del Cittadino delle Marche e dal Comune di Offagna, ha presentato i nuovi risultati delle analisi sugli alchil esteri, i famosi indicatori degli oli deodorati e di scarsa qualità, il cui limite massimo di legge è fissato proprio dal Reg. 61 del 2011.
Come spiega Corradetti “La scoperta degli alchil esteri negli oli extra vergini di oliva risale a circa trenta anni fa ed è imputabile alla cattiva conservazione delle olive nel periodo che va dalla raccolta dall’albero al momento della oleificazione in frantoio. Dal 2007 abbiamo continuato a determinare gli alchil esteri negli oli extravergine di oliva attribuendo a tale determinazione la cattiva conservazione delle olive, in montagne di olive abbandonate per giorni. Nel nostro Paese la conservazione avviene invece in cassette piccole e aerate e per un periodo massimo di 15 giorni. In realtà sotto la presenza degli alchil esteri può nascondersi un reato importante che è la miscelazione dell’olio di qualità, qual’è l’olio extra vergine, con olio di qualità inferiore, come quello di oliva, di sansa o quello deodorato”.
“A iniziare da fine anno 2007 fino al tutto il 2010, sono stati analizzati 164 campioni di oli vegetali prelevati sul territorio marchigiano”, ha proseguito Corradetti riportando i dati relativi a 12 campioni di olio extra vergine di riferimento, 50 campioni prelevati in frantoio e 66 prelevati sul mercato.
Oltre agli EMEAG sono stati determinati inquinanti caratteristici della filiera produttiva dell’olio extra vergine di oliva, quali gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), i fitofarmaci alcuni consentiti nel trattamento delle olive e altri non e i plastificanti. Non mancano risultati interessanti sotto il profilo della determinazione dell’origine della materia prima. In pratica solo nei campioni prelevati sul mercato sono presenti alchil esteri e contemporaneamente l’erbicida Oxifluorfen, fitofarmaco non impiegato in Italia.
Visto che in nessun campione prelevato nei frantoi si riscontra Oxifluorfen, tenuto conto che le olive lavorate nei frantoi marchigiani provengono anche dalle regioni limitrofe (Lazio, Abruzzo, Umbria, Emilia e Romagna e Puglia), si può affermare che la presenza dell’erbicida Oxifluorfen rappresenta un preciso indicatore di provenienza dell’olio. Corradetti arriva a una conclusione importante: “il 60% degli oli presenti sul nostro mercato proviene da paesi europei che utilizzano la pratica di diserbare gli uliveti con Oxifluorfen e, nel contempo, non curano come si dovrebbe la conservazione delle olive una volta raccolte dall’albero”.
La buona notizia, però, è che il Regolamento sui “deodorati” pare abbia sortito effetti visto che nessuno dei campioni analizzati è risultato fuori legge e solo un 30% ha evidenziato alchil esteri superiori a 30 mg per chilo, valore al di sotto del limite massimo di legge. Facendo un passo indietro nel tempo, prima dell’entrata in vigore delle norme Ue, i risultati presentati dallo stesso Corradetti (oltre un anno fa sempre durante un convegno di MDC Marche) riportavano una situazione ben diversa: solo un terzo degli oli prelevati dagli esercizi commerciali presentavano concentrazioni di alchil esteri entro la soglia fissata dal regolamento. In tre casi i valori superavano addirittura i 500 mg per chilo.
“La qualità dell’olio extra vergine di oliva prelevato in frantoio – ha concluso Corradetti – è migliorabile tramite l’informazione e la sensibilizzazione al piccolo imprenditore e al consumatore. La qualità dell’olio prelevato sul mercato, invece, essendo condizionata dal profitto, può essere migliorata tramite controlli istituzionali più frequenti e specifici e tramite l’intervento del legislatore, come per esempio è stato fatto per gli EMEAG”.
A cura di Silvia Biasotto