Niente arsenico nell’acqua, soprattutto per le donne in gravidanza e i bambini. L’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde) torna a mobilitarsi contro la presenza di arsenico nell’acqua potabile e lancia un appello perché "le Istituzioni facciano tutto il possibile per ridurre l’esposizione delle popolazioni, e in particolare delle donne in gravidanza e dei bambini, ad ogni sostanza inquinante" e afferma, riguardo alla presenza dell’arsenico destinato a consumo umano, che "è necessario che i cittadini siano informati nella maniera più completa, ampia e chiara e che si agisca rapidamente, senza più colpevoli ritardi, per attuare interventi efficaci e definitivamente risolutivi per la dearsenificazione di tutta l’acqua destinata a consumo umano nelle aree interessate da questo problema. Nel frattempo – aggiungono i medici Isde – è necessario, per una concreta tutela della salute pubblica, predisporre subito forme alternative di approvvigionamento idrico, anche mediante autobotti, per tutta la popolazione e in particolare per le donne in gravidanza, i neonati, i bambini, i malati e le industrie alimentari".

Il problema è ancora presente in Italia: lo scorso novembre la Commissione europea ha precisato che per quanto riguarda l’arsenico si consentono "deroghe temporanee fino a 20 μg/l, mentre valori di 30, 40 e 50 μg/l determinerebbero rischi sanitari superiori, in particolare talune forme di cancro". A marzo di quest’anno, è stata concessa la deroga chiesta dalla Regione Lazio per il tasso di arsenico contenuto nell’acqua potabile: fino al 31 dicembre 2012, il limite massimo ammesso è passato da 10 microgrammi/litro a 20 microgrammi/litro.

L’Isde ricorda come un’ampia documentazione comunitaria abbia ribadito che "il contenuto massimo e provvisorio di arsenico nelle acque destinate a consumo umano non deve superare i 10 microgrammi per litro come già stabilito anche dalla legge italiana sin dal 2001 con il Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001". I documenti prescrivono che alle donne in gravidanza e ai bambini fino a tre anni non devono essere somministrate acque con un contenuto di arsenico più elevato di 10 microgrammi per litro, e che le industrie alimentari debbano utilizzare per le loro preparazioni acque con questa stessa caratteristica di parametro.

L’Organizzazione mondiale della sanità afferma come obiettivo di qualità un contenuto di arsenico pari a zero (o al più e in via transitoria di 5 microgrammi/litro) nelle acque destinate a consumo umano come vera e sicura tutela della salute pubblica. L’arsenico infatti è cancerogeno. E un’ampia documentazione scientifica lo correla anche a patologie cardiovascolari, neurologiche, diabete di tipo 2, lesioni cutanee, disturbi respiratori, disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche. Diventa dunque importante la tutela di donne in gravidanza e bambini.

Spiega l’Isde: "Molte sostanze tossiche, e tra queste l’arsenico, possono, attraverso l’esposizione materna ad alimenti, aria e bevande contaminati, superare la barriera placentare e quella emato-encefalica e interferire in modo negativo con lo sviluppo del feto, soprattutto delle sue strutture cerebrali. I bambini inoltre posseggono un sistema immunitario ancora in fase di maturazione, un caratteristico e peculiare sistema metabolico, consumano quantitativi di liquidi, aria e alimenti maggiori rispetto ai soggetti adulti e questa condizione li rende più vulnerabili all’azione di molte sostanze nocive".

Ancora: l’esposizione ad alimenti e acqua con arsenico è correlata a diverse patologie. Spiega l’Isde che "la letteratura scientifica internazionale, con sempre maggiori riscontri, evidenzia il legame tra l’esposizione cronica ad acque ed alimenti contenenti arsenico, in donne in gravidanza e bambini, e molte patologie del neurosviluppo – autismo, disturbo da deficit dell’attenzione, disturbo dell’attenzione da iperattività, disturbi dell’apprendimento, della memoria, della capacità di lettura, riduzione del quoziente intellettivo, patologie dell’apparato respiratorio, perdita fetale, aumento dei casi di morte infantile e neoplasie". Da qui la mobilitazione dei medici per l’ambiente per evitare che l’acqua all’arsenico arrivi nei bicchieri di donne in gravidanza e bambini.


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