Viaggio nell’Italia degli affitti brevi, Federconsumatori: in regola con la sicurezza solo un appartamento su 12
Un’indagine di Federconsumatori, Fondazione ISSCON e Sunia sugli affitti brevi evidenzia criticità e carenze di sicurezza in questo settore sempre più al centro dell’attenzione per le ripercussioni sul turismo, sul mercato degli alloggi e sull’identità stessa di città e centri storici
L’Italia degli affitti brevi è un paese in cui cambiano i flussi turistici, diventa sempre più critico l’impatto del problema casa, gli universitari trovano più difficoltà a trovare un alloggio e gli appartamenti messi a disposizione denunciano carenze nella sicurezza. Solo il 52% degli immobili adibiti a affitti brevi si è dotato di CIN, Codice Identificativo Nazionale. E solo un appartamento su 12 risulta pienamente in regola con il CIN e con tutti i dispositivi di sicurezza.
“Quello degli affitti brevi – ricorda Federconsumatori – è un tema caldo negli ultimi tempi, specialmente alla luce dell’avvicinarsi del termine ultimo per dotarsi del Codice Identificativo Nazionale: da gennaio, infatti, le strutture che ne risulteranno sprovviste saranno passibili di sanzioni che vanno da un minimo di 800 a un massimo di 8.000 euro per chi non ha richiesto il codice obbligatorio”.
Osservatorio Federconsumatori, insieme a Fondazione ISSCON e con il contributo del Sunia, ha dunque realizzato un’indagine per monitorare il livello di legalità degli affitti turistici in Italia. L’analisi si è concentrata sull’adozione del Codice Identificativo Nazionale (CIN) e delle dotazioni di sicurezza degli immobili.
I risultati rivelano una situazione ancora lontana dal pieno adempimento della normativa: su quasi mille immobili monitorati in 10 città campione, gestiti sia da host privati che da professionisti, presenti sulle principali piattaforme di settore, solo il 52% degli immobili in affitto turistico si è dotato dell’obbligatorio CIN.
Viaggio nell’Italia degli affitti brevi
Il viaggio nell’Italia degli affitti brevi ha riguardato 900 inserzioni e tre piattaforme. Il 65% degli immobili in affitto breve analizzati erano presenti sul sito Airbnb.it, il 24% su Booking.com mentre l’11% era presente su Subito.it.
Roma, Milano, Napoli, Firenze, Torino, Venezia, Bologna, Lecce, Catania, Alghero le città del campione.
Gli affitti brevi, turistici ma non solo, hanno un impatto sui centri storici e sul già complicato mercato degli affitti.
“In poco più di un decennio la crescente proposta di affitti turistici ha trasformato il modo di viaggiare non solo degli italiani, ma anche degli stranieri che visitano l’Italia”, evidenzia il dossier “Uno su dodici. L’Italia in affitto breve”.
Con gli affitti brevi sono cresciute le possibilità di alloggio e si è sviluppata un’esperienza turistica sotto diversi aspetti favorevole ai turisti, con lo sviluppo di una piccola o piccolissima imprenditoria. Al lato positivo fa da contraltare la cosiddetta “airbnbizzazione” che si è verificata i centri storici e località turistiche.
“Sono luoghi – spiega l’indagine – dove ancor prima dell’esplosione degli affitti brevi l’abitare era già cosa complicata, in particolare per i residenti storici con redditi medio bassi e per gli studenti. Non un solo centro storico italiano era ed è esente da una crisi abitativa di diversa entità e natura, ma, nelle città maggiori, la crescita di flussi turistici a volte determinati da nuove rotte aeree low-cost, ha incentivato la trasformazione di immobili che si trovavano nel mercato dell’affitto lungo o rivolto agli studenti fuori sede, in attività votate agli affitti brevi (da uno a trenta giorni). Tanti studenti fuori sede, tanti lavoratori e pensionati a reddito medio basso ed in affitto sono già stati, nei fatti, espulsi dalle parti storiche delle città, dove i canoni degli affitti lunghi hanno registrato una crescita enorme”.
Lo studio evidenzia che l’omologazione delle città e dei servizi non è conseguenza solo degli affitti turistici. “Non sempre si tratta di immobili sottratti al mercato degli affitti, ma anche di scelte di investimento alternative alla vendita, anche questa con effetti negativi sul costo delle abitazioni”. L’affitto breve, semplicemente, rende di più. Non sono poi tutti affitti brevi turistici perché a volte, nei centri minori, sono legati a ragioni di lavoro o di salute.
Affitti universitari, sempre più cari
Ci sono inoltre, altro tema ricordato nell’indagine, le ripercussioni sugli affitti agli studenti universitari.
“La crescita esponenziale degli immobili destinati ad affitti brevi, specialmente nelle città d’arte che in molti casi coincidono con i principali centri universitari, ha reso sempre più difficile la ricerca di soluzioni abitative per gli studenti: come evidenziano i dati raccolti dall’Unione degli universitari (Udu) in collaborazione con Cgil e Sunia, il 62% degli studenti fuori sede è in difficoltà nella ricerca di una casa. Per i 600.000 studenti universitari fuori sede non pendolari, l’affitto di un posto letto o di una camera incide sul loro budget fino all’80%”.
Secondo uno studio del 2023 “a un incremento dell’1% di annunci di Airbnb si lega un aumento del 5,7% dei canoni degli affitti”.
Quale sicurezza per gli affitti brevi?
Qual è dunque la situazione degli affitti brevi rispetto alla normativa? Solo il 52% degli immobili in affitto turistico si è dotato dell’obbligatorio CIN. I dati peggiori si registrano a Napoli, dove solo per il 32% degli immobili in affitto breve è stato richiesto e ottenuto il CIN. Ma a seguire, nella classifica delle negatività ci sono Firenze (37%), Bologna (48%) e Torino (51%). Poco distanti Alghero (53%), Roma (54%), Venezia (57%). Chiudono la classifica Lecce e Catania con il 60% e Milano: il capoluogo lombardo è quello che ha il miglior dato, con il 67% dei CIN rilasciati.
Un capitolo del dossier denuncia poi il tema della “sicurezza ignorata”. Si parla qui di estintori, impianti antincendio e precauzioni di sicurezza che fanno la differenza. E che nella maggior parte dei casi sono assenti.
“È clamoroso il mancato rispetto delle prescrizioni di sicurezza previste dalla normativa nazionale (estintori, rilevatori di gas e impianto antincendio) – spiega il dossier – L’estintore, obbligatorio nell’appartamento o al piano, è presente, nel dato generale, solo nel 30% degli immobili; gli obbligatori rilevatori di perdite di gas o della presenza di monossido di carbonio sono presenti solo nel 22-24% degli immobili; infine, gli impianti antincendio (non obbligatori) sono presenti nel 15% dei casi. In un quadro così estremamente negativo, spiccano i numeri di Roma, con un “indice di sicurezza” (la media di tutti gli elementi rilevati) del 24%. Segue Milano, con 19%. Peggio ancora tutti gli altri, con Venezia all’11%, Napoli e Catania al 10%, Bologna, Firenze e Lecce al 9%. Torino conclude questi pessimi numeri con un incredibile 5%”.
Pienamente in regola solo uno su 12
Tenendo conto della sicurezza complessiva, emerge allora che gli immobili in regola contemporaneamente sia con il CIN che con tutti e tre gli elementi di sicurezza sono solo l’8,5%, cioè soltanto 1 su 12.
Fra le città monitorate a fare peggio è Torino, dove sono pienamente in regola appena il 2,2% degli immobili in affitto breve, seguita da Bologna, Napoli e Firenze, con il 5,6%. Catania registra il 6,7%, Lecce il 7,8% e Venezia il 10. Milano registra il 17,7% e Roma il 19%, il miglior dato in assoluto.
Federconsumatori: rendere il turismo più sicuro
“È una situazione gravissima, che richiede provvedimenti mirati, per rendere più sicuro e sostenibile il turismo nel nostro Paese – chiede Federconsumatori – È necessario ripensare un modello turistico che limiti il fenomeno dell’overtourism che sta snaturando le nostre città, con impatti negativi rilevanti sull’andamento dei canoni di locazione per le famiglie e per gli studenti, e con eccessivi carichi sui servizi pubblici locali. Al contempo serve sottoporre a obblighi stringenti i gestori delle strutture e le piattaforme, riportando una vasta parte di questo settore a comportamenti corretti, pienamente rispettosi delle norme di legge”.
Il dossier chiede di intervenire a partire da alcuni elementi. Intanto imporre ai portali web e a canali di vendita che veicolano affitti brevi l’obbligo di escludere le strutture prive del Codice Identificativo Nazionale e delle dotazioni essenziali di sicurezza. Poi rendere obbligatoria l’indicazione dell’esatto indirizzo dell’immobile. Introdurre l’obbligo di indicare, nelle inserzioni in rete, nome e cognome o ragione sociale di chi affitta, e comunque di renderli visibili durante la visita della pagina. L’associazione chiede di prevedere la sospensione della possibilità di affittare in forma breve appartamenti e camere per chi non rispetta le regole e la revoca definitiva dell’autorizzazione, in caso di non ottemperanza e recidiva. Altra richiesta: potenziare i controlli con il coinvolgimento delle amministrazioni locali.