Cop29, ambientalisti bocciano l’accordo sulla finanza climatica (Foto Pixabay)

La Cop29 si è chiusa fermandosi a 300 miliardi di dollari l’anno. Questo l’impegno con cui la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si è conclusa nei giorni scorsi, impegna i paesi ricchi a finanziare la transizione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici dei paesi in via di sviluppo. Ma l’impegno di 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035, questo l’accordo, “arriverà troppo in là nel tempo e non è in linea con quanto necessario per sostenere un’azione vitale per il clima nei Paesi in via di sviluppo”, spiega il WWF.

Sempre il WWF aggiunge: “All’ultimo minuto è stata aggiunta al testo una tabella di marcia per aumentare i finanziamenti fino a raggiungere 1.300 miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo, ma ciò non dà motivo di essere fiduciosi sul fatto che questo livello di finanziamenti sarà raggiunto. La prossima presidenza brasiliana avrà bisogno dell’impegno di tutte le parti per gestire questo processo di roadmap verso un risultato significativo entro la COP30 di Belem, per garantire la mobilitazione di ingenti finanziamenti”.

Cop29, accordo bocciato dagli ambientalisti

Si guarda dunque già all’anno prossimo, mentre le associazioni registrano la delusione generale per l’accordo raggiunto dalla Cop della finanza climatica, quale si è presentata la Conferenza che si è svolta a Baku nei giorni scorsi.

Bisognava concordare un nuovo obiettivo di finanziamento per il clima. Ma a fronte dei 300 miliardi di dollari l’anno messi sul piatto dai paesi più ricchi, “i Paesi in via di sviluppo, che avevano chiesto un’assistenza di oltre 1.000 miliardi di dollari, hanno definito l’accordo “offensivo” e hanno sostenuto che non fornisce loro le risorse vitali necessarie per affrontare realmente la complessità della crisi climatica” (Fonte: Unric.org).

In Italia critiche arrivano dalle associazioni ambientaliste. Legambiente ha bocciato l’accordo raggiunto a Baku sulla finanza climatica, che “impegna i Paesi industrializzati a mobilitare appena 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035, all’interno di un vago traguardo di 1.300 miliardi che si spera di raggiungere grazie al contributo di tutti gli attori pubblici e privati. L’Europa e gli altri Paesi industrializzati – afferma Legambiente – non sono stati in grado di fornire ai più poveri e vulnerabili le necessarie risorse finanziarie per superare insieme la drammatica emergenza climatica globale”.

«L’accordo finale raggiunto alla Cop29 sulla finanza climatica– ha detto Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è davvero pessimo. Si tratta di un impegno fortemente inadeguato che tradisce le rassicurazioni, fatte in questi 3 anni di faticosi negoziati, di garantire ai Paesi più poveri e vulnerabili le necessarie risorse per decarbonizzare le loro economie e rispondere con mezzi adeguati ai sempre più frequenti e devastanti disastri climatici. Servono, infatti, almeno 1.000 miliardi di dollari l’anno (400 per loss&damage e 300 sia per l’adattamento che la mitigazione) l’anno di sole risorse pubbliche da parte dei Paesi industrializzati, sotto forma di “grant-equivalent” ossia calcolati come sovvenzioni. Altrimenti si rischia di aggravare ulteriormente la crisi debitoria dei Paesi poveri e vulnerabili, visto che gli aiuti ricevuti sino ad ora sono stati soprattutto (69% nel 2022) sotto forma di prestiti».

Legambiente chiede all’Europa di «mettere in campo una forte leadership europea, pericolosamente assente a Baku, per poter raggiungere il prossimo anno in Brasile una revisione ambiziosa degli impegni dell’Accordo di Parigi. A Belem, infatti, si dovranno aggiornare gli attuali impegni al 2030 e fissare i nuovi per il 2035, secondo quanto previsto dall’Accordo di Parigi ed in coerenza con quanto richiede l’IPCC».

Spiega a sua volta Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia del WWF Italia: «Nell’anno in cui si stanno decidendo i nuovi piani climatici nazionali, è inaccettabile che la COP29 non invii un messaggio forte sulla necessità di ridurre le emissioni e di eliminare i combustibili fossili, garantendo che la transizione venga sostenuta da finanziamenti adeguati. I Paesi non devono permettere che questo terribile risultato distolga l’attenzione dall’urgente necessità di aumentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni, di portare avanti la transizione energetica e di adattarsi alle conseguenze dell’aumento delle temperature. Se i Paesi sviluppati non andranno ben oltre questo obiettivo finanziario, rendendo concreta la tabella di marcia da 1.300 miliardi di dollari da Baku a Belém, le comunità vulnerabili saranno sempre più esposte a impatti climatici devastanti e la finestra per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C si chiuderà».


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