
Povertà alimentare, ActionAid lancia il rapporto “La fame non raccontata”
Povertà alimentare, ActionAid lancia il rapporto “La fame non raccontata”
ActionAid, in collaborazione con CSV Milano, analizza il fenomeno della povertà alimentare alla luce delle conseguenze della pandemia: nel 2020 le richieste di aiuto alle quattro associazioni territoriali coinvolte nella ricerca sono aumentate del 95%
Le donne sono le principali testimoni di come sia cresciuta la povertà alimentare in Italia dall’inizio della pandemia. Sono le prime a saltare pasti per permettere ai figli e al resto della famiglia di mangiare e si fanno carico di rivolgersi ai centri di assistenza per chiedere aiuto. È quanto emerso dal rapporto “La fame non raccontata”, lanciata da ActionAid in collaborazione con CSV Milano in 4 Comuni della città metropolitana di Milano.
Dalle interviste realizzate con chi si rivolge agli enti di assistenza, emergono l’impatto e le caratteristiche della povertà alimentare nel territorio metropolitano di Milano (Corsico, Cinisello Balsamo, Baranzate, Rozzano) insieme agli effetti prodotti dalla pandemia.
Povertà alimentare, i numeri dell’emergenza
Un’emergenza già esistente che si è allargata nel corso del 2020, come dimostra l’aumento delle richieste di aiuto alle quattro associazioni territoriali coinvolte nella ricerca: erano 2.024 le persone aiutate (671 famiglie) del 2019 e sono diventate 3.957 nel 2020 (1151 famiglie) con una crescita del +95%.
Nonostante Milano sia protagonista di una rapida ripresa economica – osserva ActionAid – la sua provincia resta segnata da una crisi acuta, che ha il maggiore allarme proprio nella difficoltà all’accesso a un cibo sano e adeguato per i più fragili. Il 63% degli intervistati, infatti, si è rivolto al centro di assistenza prima della pandemia e il 37% durante la pandemia.
“Chi non ha accesso a un cibo adeguato vede compromesso il proprio benessere psicofisico: mancanza di dieta salutare, stress, paura, esclusione sociale – spiega Roberto Sensi, Policy Advisor Global Inequality ActionAid Italia. – Il contrasto a questo fenomeno non può passare solamente attraverso misure di natura emergenziale. Servono politiche di contrasto più efficaci come, ad esempio, rafforzare gli interventi di sostegno al reddito”.
Le persone più fragili
La povertà alimentare ha una connotazione prevalentemente femminile, secondo l’analisi. Le donne, infatti, costituiscono l’81% delle persone intervistate, in un panel rappresentativo della composizione della popolazione che si rivolge agli enti del territorio.

Le donne tendono a svolgere i ruoli principali nella preparazione e organizzazione del cibo e a farsi carico dello stress legato alla mancanza di risorse per l’acquisto dei prodotti alimentari. Nella maggior parte delle interviste sono le donne a svolgere i ruoli associati alla cucina, alla spesa e più in generale alla casa. In alcuni casi, figli e mariti aiutano, ma le donne tendono a gestire le attività domestiche e tutto ciò che esse comportano.
Per molte madri, inoltre, l’alimentazione dei figli o degli altri membri della famiglia è una priorità; pertanto, molte di esse sentono il dovere di rinunciare a determinati tipi di prodotti, di saltare i pasti e di fare a meno di prodotti personali per risparmiare, al fine di usare le risorse limitate per dare più possibilità agli altri membri della famiglia.
Le famiglie di origine straniera costituiscono il 60% del campione e sono particolarmente esposte a questo fenomeno, anche se si sono stabilite in Italia da molti anni.
Tra le famiglie più vulnerabili ci sono poi quelle che svolgono anche funzione di caregiver: in 9 famiglie intervistate è presente una persona disabile che richiede assistenza. Oltre il 20%, inoltre, dichiara di aver perso il lavoro durante la pandemia e molte altre dichiarano di aver visto ridurre significativamente le ore di lavoro, con ripercussioni gravi sul reale reddito disponibile. Molti hanno visto venir meno il reddito da lavori precari: a chiamata, ambulanti, badanti.
Il cibo ultima necessità
Ad emergere con forza – spiega ActionAid – è la difficoltà a far fronte al cumularsi delle spese per i beni primari. Spesso, infatti, il guadagno mensile della famiglia viene usato per pagare affitto e bollette (particolarmente forte è lo stress per la paura di perdere la casa) e il cibo diventa quasi un bene secondario, a cui relegare un budget esiguo e che vede escludere gli alimenti più costosi, come carne e pesce.
A sostenere nel momento di massimo disagio i nuclei famigliari (il 50% del campione) sono state, secondo l’analisi, le forme di sussidio statali: il 37% degli intervistati riceve il reddito di cittadinanza, il 19% la Naspi, il 7% è in cassa integrazione, il 4% un sussidio di disoccupazione, il 4% assegni o indennità di accompagnamento, l’11% invalidità civile ed il 30% ha confermato di ricevere altri tipi di sussidi (reddito di emergenza, bonus Covid).
