Aste a doppio ribasso e sottocosto, intervista a Fabio Ciconte di Terra!
Cosa si cela dietro il sottocosto dei prodotti alimentari sullo scaffale? Lo abbiamo chiesto a Fabio Ciconte direttore di Terra! commentando il ddl sulle pratiche commerciali sleali approvato in Commissione al Senato
La corsa alle offerte tra i supermercati può diventare un vero e proprio lavoro per il consumatore. D’altra parte, è difficile non farsi tentare dalle proposte di prodotti sullo scaffale a sottocosto che promettono allo stesso tempo qualità e convenienza. Ma non è tutto oro quel che luccica.
Lo scorso 9 marzo la Commissione agricoltura al Senato ha dato il via libera al ddl sulle limitazioni alla vendita sottocosto di prodotti agricoli e divieto di aste a doppio ribasso. Ora il testo attende l’approvazione dell’aula per poi tornare alla Camera. Un iter, quello del provvedimento, avviato a seguito della pressione della società civile e parallelo a quello che seguirà invece la Direttiva europea in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, che dovrà essere integrata nell’ordinamento italiano entro il primo maggio 2021.
Le proposte normative e le intese tra agricoltura e distribuzione
La grande novità della norma sta nell’aver ufficializzato il divieto di una pratica già da tempo denunciata come ingiusta se non illegale: quella delle aste a doppio ribasso. Non solo. Viene limitata anche la pratica del sottocosto al pubblico, che, come vedremo, può nascondere delle distorsioni pericolose nel rapporto tra produttori/fornitori e Grande distribuzione.
Parallelamente agricoltura e distribuzione stanno stringendo una serie di accordi contro le pratiche commerciali sleali. Sempre nei giorni scorsi si è affiancata all’intesa di novembre un altro accordo tra distribuzione e mondo agricolo che ruota attorno alle proposte rivolte al legislatore per il recepimento della Direttiva sulle pratiche sleali.
Il tema non è nuovo e c’è chi, come l’associazione ambientalista Terra!, da anni denuncia le aste a doppio ribasso come pratiche sleali per rifornirsi di tanti prodotti di largo consumo. A pochi giorni dall’approvazione in Commissione al Senato del disegno di legge che le vieterebbe ne abbiamo parlato con Fabio Ciconte, direttore di Terra!
L’associazione Terra! condanna le aste a doppio ribasso da tempo, come funzionano?
Si tratta di un meccanismo con cui la grande distribuzione acquista merce da mettere sullo scaffale e che abbiamo scoperto 5 anni fa. Tutti i soggetti sono attorno a un tavolo virtuale (un portale online) e il distributore chiede ai suoi fornitori di fare una offerta, ad esempio per una partita di pomodori piuttosto che di insalata. Nella prima asta le offerte vengono fatte a partire da un prezzo base. Qualche giorno dopo il distributore apre una nuova asta, ma questa volta il prezzo base è il più basso offerto nella prima tornata. Quel che accade nella realtà è che il fornitore ha pochi minuti per chiudere l’accordo e si ritrova a dover tentare con ogni mezzo di accaparrarsi la partita. Un vero e proprio gioco d’azzardo possibile solo grazie allo squilibrio di potere di trattativa che esiste tra Gdo e fornitori/agricoltori.
Che conseguenze ha sui produttori la chiusura di queste aste a doppio ribasso?
La premessa è che si tratta solitamente di partite molto grandi, ad esempio 20 milioni di barattoli di pomodoro. Accettare di vendere al limite del sottocosto o anche otre, per il produttore significa cancellare il margine di guadagno, a meno che non riesca a comprimere i suoi costi. Il primo costo variabile che può essere facilmente tagliato è quello della forza lavoro. In questo modo aumenta la probabilità che il mondo agricolo alimenti lo sfruttamento del lavoratore. Recentemente abbiamo indagato sull’esistenza di uno sfruttamento strutturale nelle campagne non solo italiane ma di tutto il vecchio continente. Basti leggere il nostro rapporto E(u)xploitation per scoprire che il caporalato non è solo un fenomeno italiano.
L’altra conseguenza delle aste al ribasso, è che il prezzo spuntato dalla catena cliente diventa riferimento per il resto del mercato, andando a influire anche sulle trattative svolte da altri gruppi con i loro fornitori. Il risultato è uno svilimento dei prezzi del mercato e del valore del lavoro agricolo. Tutte le politiche del sottocosto stanno riducendo la filiera agroalimentare, che è il tassello della nostra economia, a un qualcosa che non ha nessun valore.
Le Filiere etiche di produzione, tra l’altro incentivate dalla norma, possono essere di indicazione per il consumatore?
Certamente. L’incentivo per le filiere etiche previsto nel ddl è un passo in avanti molto importante. Vedremo come verrà messo in campo e come sarà applicato. Oggi il consumatore può già trovare sullo scaffale una serie di prodotti che hanno una certa garanzia in tema di eticità, come bollini etici che certificano produzioni lontane dal fenomeno del caporalato.
Che ne pensa del sistema dei controlli affidato all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari?
Abbiamo da sempre chiesto che fosse previsto un sistema di controlli. A mio parere le sanzioni previste sono basse ma credo che il vero significato della norma sia quello di aver voluto esplicitamente disincentivare una serie di pratiche commerciali sleali. Già da oggi registriamo un calo di queste pratiche perché c’è maggiore attenzione sul tema. Il mio auspicio è che tra qualche anno non ci sia neanche più necessità di un sistema sanzionatorio.