“Vendetta, tremenda vendetta”. Rendere pubblici e condividere senza consenso immagini private e sessualmente esplicite presto potrebbe diventare reato in Italia. Nella seduta di ieri, è arrivato dalla Camera il «sì» unanime all’emendamento sul revenge porn. “Vendetta, tremenda vendetta”; a volte crudele e sempre più spesso “virale” e per questo motivo capace di coprire di vergogna a distanza di tempo e di colpire con forza inaudita al di là dello spazio che separa i corpi ma non annulla la “colpa”. Nel mondo virtuale delle connessioni internet e social, la vittima di un sopruso non può mai dirsi al sicuro, non potrà mai tirare un sospiro di sollievo e dire “è finita”.

Che lo si chiami cyber bullismo, sexting, sextortion o revenge porn, poco cambia: alla base vi è sempre una relazione che sbilancia a favore di un carnefice che consuma la sua vendetta a suon di ricatti e condivisioni. L’altra evidenza onnipresente è la totale impreparazione del sistema normativo a far fronte a situazioni di questo tipo, come se questa fossero “altro” dalle fattispecie reali. Ma la vergogna e l’umiliazione lo sono, così come lo è sofferenza, l’oppressione, la paura e la morte che sembra l’unico modo per sfuggire ad una realtà troppo pesante da sopportare.

In che modo dunque la proposta di legge sulla porno vendetta potrebbe essere d’aiuto ad affrontare casi di questo tipo?

Nell’ambito del più ampio disegno di legge detto “Codice rosso” che promette una corsia preferenziale per la presa in carico dei casi di violenza sulle donne, la legge sulla porno vendetta punirà “chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” con “la reclusione da uno a sei anni e multa da 5.000 a 15.000 euro”. Se il reato dovesse essere commesso dal coniuge (anche se divorziato o separato) o da un partner o ex partner della vittima, la pena verrà inasprita, così come si applicherà la stessa severità se la vendetta si ritorce contro persona in stato di inferiorità fisica o psichica o di una donna in stato di gravidanza.

La proposta di legge tiene inoltre in considerazione il mezzo attraverso il quale viene diffuso il materiale, in particolare se ciò avviene per via informatica o elettronica. Anche in questo caso le pene potrebbero subire un inasprimento.

Ad essere punito, infine, non sarà solo chi diffonde senza consenso il materiale sessualmente esplicito, ma anche chi, avendolo ricevuto, lo pubblichi e lo diffonda ulteriormente, contribuendo a renderlo virale.

Se quindi l’iter legislativo terminerà positivamente, anche l’Italia, come la Francia, la Germania e l’Inghilterra, avrà a disposizione uno strumento efficace per contrastare il revenge porn.

D’altra parte, risulta incomprensibile come esistano pene che obbligano a risarcire i danni per uno sfregio all’auto dell’ex ma nessuna norma tuteli per sfregi ben più profondi che nessun passaggio in carrozzeria può eliminare del tutto.

@ELeoparco

 

Notizia pubblicata il 04/06/2019 ore 16.41


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