Banca Etica esprime forte preoccupazione per il voto del Parlamento Europeo che ha svuotato la definizione di “finanza sostenibile”, pregiudicando le possibilità di impatto reale dell’Action Plan sulla Finanza Sostenibile cui l’Unione Europea sta lavorando da due anni.

“Proprio mentre centinaia di migliaia di giovani in tutto il mondo scendono in piazza nei #FridaysForFuture  e avanzano richieste radicali sul contrasto ai cambiamenti climatici, la maggioranza del Parlamento Europeo si mostra ancora una volta intimidita dalle lobby del carbone e del petrolio e perde l’occasione per far sì che le ingenti risorse necessarie per invertire la rotta e imboccare la strada della sostenibilità siano messe a disposizione anche dal settore finanziario”, dice Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica.

Dal 2017 la Commissione Europea ha avviato i lavori per un Action Plan per la finanza sostenibile in Europa. All’entusiasmo iniziale per la decisione dell’Unione Europea di regolamentare questo tema così strategico, si è però sostituita la delusione e la preoccupazione per le scelte della maggioranza del Parlamento Europeo che hanno di fatto annacquato fino a renderla inutile la definizione di finanza sostenibile.

Nella serata di lunedì 11 marzo 2019 la Commissione agli Affari Economici e quella all’Ambiente del Parlamento Europeo, riunite in commissione congiunta, hanno votato la proposta relativa alla “tassonomia”, cioè all’individuazione e definizione delle attività che possono essere finanziate da intermediari finanziari che vogliano definirsi di “finanza sostenibile”.

La maggioranza dei Parlamentari ha respinto gli emendamenti presentati da esponenti dei Verdi, del Ppe e dei Socialisti & Democratici che avrebbero dato sostanza alla definizione di finanza sostenibile. Il prossimo voto – definitivo – è in programma per il 26 marzo: la speranza è che per quella data qualche cosa possa cambiare.

La bocciatura di tutti gli emendamenti che avrebbero definito in modo rigoroso cosa è sostenibile e cosa no, fa sì che allo stato attuale l’Europa ammetta di includere tra le attività di finanza sostenibile:

  • i finanziamenti alle industrie estrattive più dannose per il clima (petrolio e carbone), purchè si impegnino a migliorare l’efficienza delle centrali (non è stata accolta la proposta di introdurre un “brown factor” che escludesse questi settori)
  • i finanziamenti a industrie che da una parte si impegnano a ridurre le emissioni, ma dall’altra non rispettano i diritti dei lavoratori e i diritti umani oppure evadono il fisco ricorrendo ai paradisi fiscali (è stata bocciata la proposta di affiancare criteri sociali e di governance a quelli ambientali).

“Viene da fare una domanda a chi elaborato un tale processo: quale potrebbe essere un singolo esempio di finanza insostenibile? Se non lo è la speculazione, le violazioni dei diritti umani, le crisi e instabilità generate dalla finanza, nemmeno il carbone, cosa rimane fuori esattamente? Il sottoinsieme “finanza sostenibile” va a combaciare con “finanza”?”, dice Andrea Baranes, componente del CdA di Banca Etica e presidente della Fondazione Finanza Etica. 


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