Carlo Calenda definisce le associazioni dei consumatori “fabbriche di polemiche inutili”. E scoppia la bagarre. Le associazioni reagiscono, rivendicano il proprio ruolo, tracciano confini, invitano l’ex ministro a visitare le loro sedi o a valutare le differenze che esistono nel settore. Rispondono chiedendo di evitare semplificazioni e generalizzazioni. La polemica è innescata ed è pesante. Tutto parte da un tweet del 10 febbraio di Carlo Calenda su una notizia che annuncia l’esposto del Codacons all’Antitrust sul televoto di Sanremo. Calenda twitta: “Un giorno qualcuno dovrà definitivamente stabilire la completa inutilità di Codacons e affini. Al Mise avevo tagliato la maggior parte dei finanziamenti a queste fabbriche di polemiche inutili. Chissà se Di Maio li ha ripristinati.

E a un lettore che gli chiedeva di spiegare la sua posizione contro le associazioni dei consumatori, Calenda risponde: “Vengono finanziate in larga parte dal Mise e diventano tribune per sedicenti predicatori che passano il tempo ad ingolfare i tribunali amministrativi con le peggiori castronerie immaginabili. Che almeno si finanziassero con i contributi dei consumatori che aderiscono.”

Naturalmente è un fiorire di tweet di risposta e commento. Divisi fra quanti apprezzano la presa di posizione dell’ex ministro, fra quanti criticano Codacons e Adusbef – spesso il riferimento di chi risponde è proprio a queste due associazioni – e quanti invece rivendicano la diversità che esiste all’interno del consumerismo e il ruolo svolto dalle associazioni quali corpi intermedi a tutela dei cittadini. Via tweet rispondono Ivo Tarantino per Altroconsumo, Massimiliano Dona per l’Unione Nazionale Consumatori e il Movimento Consumatori. La richiesta è, con toni diversi, di evitare semplificazioni, generalizzazioni, “qualunquismo”.

La polemica comunque è innescata. In una nota congiunta, parlano di “offesa gravissima” Codici, Codacons, Acu, Adusbef, Assoutenti, Ausr e Lega Consumatori. “Affermazioni inaccettabili – sostengono queste sigle – un’offesa gravissima a quelle organizzazioni che quotidianamente lavorano per difendere i cittadini, con grande spirito di sacrificio ed a volte con le armi spuntate. Se le associazioni dei consumatori non hanno strumenti adeguati per tutelare i cittadini, infatti, è anche per colpa delle scelte miopi adottate dalla politica. Azioni come quella che Calenda ricorda con orgoglio, quei tagli ai finanziamenti alle associazioni dei consumatori attuati quando era alla guida del Mise. Con quell’iniziativa Calenda ha dimostrato tutto il suo disinteresse nei confronti non solo delle associazioni, ma anche e soprattutto dei consumatori. Li ha lasciati ancora più indifesi contro le ingiustizie che sempre più spesso subiscono”.

Confconsumatori invita l’ex Ministro e gli attuali responsabili del Mise a “conoscerci di persona e a visitare le nostre sedi prima di esprimere giudizi come quelli che ha deciso di condividere sui social. Tocchi con mano – dice Confconsumatori – la realtà quotidiana di un’Associazione di consumatori, conosca le storie dei nostri associati. Non lo ha fatto quando era Ministro e anche oggi dispiace che preferisca fare di tutta l’erba un fascio, specie un politico come lui, che si propone di fare la differenza rispetto al passato. Le Associazioni dei consumatori sono un punto di riferimento per milioni di italiani ed è un miracolo che resistano nonostante le numerose e gravi difficoltà. Se si vuole pensare davvero al bene dei cittadini si misurino e si valutino le Associazioni sulla base della serietà del loro operato, della fondatezza delle loro battaglie, della capacità di combinare azioni di tutela e prevenzione, della volontà di instaurare un dialogo onesto e costruttivo con le imprese”.

Confconsumatori ricorda poi che i fondi destinati alle associazioni vengono dalle multe dell’Antitrust. “I fondi che l’ex Ministro ha ritenuto di non riconoscere alle Associazioni per lo svolgimento di iniziative a vantaggio dei consumatori, lo ripetiamo una volta di più, NON derivano da tasse che i cittadini pagano, ma dalle sanzioni alle imprese che agiscono in modo scorretto imposte dall’Antitrust, anche grazie agli esposti che le stesse associazioni fanno all’Autorità. Ebbene, tali fondi sono destinati esclusivamente a tutelare, informare e formare i cittadini nell’esercizio dei diritti conquistati negli anni, non certo a pagare stipendi ai Presidenti e ai rappresentanti di Associazioni che, al contrario, spesso garantiscono con i propri beni personali gli affidamenti bancari per assicurare gli stipendi ai loro (pochissimi) dipendenti”.

Sulle barricate anche il Movimento Consumatori. Sostiene il segretario generale dell’associazione Alessandro Mostaccio:  “Le qualunquistiche parole dell’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che ha definito sul proprio profilo twitter le associazioni dei consumatori ‘fabbriche di polemiche inutili’, vantandosi da ministro di avergli ‘tagliato la maggior parte dei finanziamenti’, tradiscono due aspetti molto gravi del suo mandato ministeriale. Primo: Calenda in questo modo confessa, di non aver esercitato i controlli che il Codice del consumo gli attribuiva proprio per verificare la rappresentatività, democraticità e utilità delle associazioni dei consumatori iscritte nel registro del suo ministero come maggiormente rappresentative. Secondo: durante il suo mandato non c’è un cittadino/consumatore italiano che si ricordi un provvedimento che sia stato davvero a favore non di questo o di quel comparto economico produttivo, ma dei consumatori e cioè d’interesse generale”.

Il Movimento Consumatori ricorda che già nel 2016, alla nomina di Calenda, aveva chiesto di valorizzare il ruolo del Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti (CNCU). Ma senza ricevere risposta.  “Visto che già all’epoca eravamo consci del fatto che molto spesso alcune associazioni sono state strumentalizzate per la carriera del proprio legale rappresentante – continua Mostaccio – chiedevamo a Calenda di tornare a valorizzare e dare centralità al Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, rivedendo completamente la disciplina del Codice del consumo rispetto al ruolo delle associazioni dei consumatori nei confronti del Ministero dello Sviluppo economico e del Paese intero. Oggi possiamo dire che su questo fronte l’ex ministro ha confermato i nostri timori, visto che durante il suo mandato non ci ha mai ricevuto, non ha mai riformato la disciplina del Codice del consumo, non ha spinto per l’approvazione della class action e non ha mai proposto una strategia a favore della difesa del potere di acquisto dei consumatori”.

 

Notizia pubblicata il 13/02/2019 ore 17.44


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