TopNews. Povertà, Rapporto Caritas: dagli anni pre-crisi +182 % il numero di poveri
Boom della povertà in Italia. E’ il caso di dirlo leggendo i dati del Rapporto 2018 “Povertà in attesa” della Caritas Italiana. Il numero di persone che non riescono a raggiungere uno standard di vita dignitoso è passato da 4 milioni 700mila del 2016 a 5 milioni 58mila del 2017. E si tratta soprattutto di giovani. Particolarmente accentuato il legame tra povertà educativa minorile e condizioni di svantaggio socio-economico.
Secondo il Rapporto , presentato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà, i timidi segnali di ripresa sul fronte economico e occupazionale sono serviti a poco. La povertà tende ad aumentare al diminuire dell’età, decretando i minori e i giovani come le categorie più svantaggiate (nel 2007 il trend era esattamente l’opposto). Tra gli individui in povertà assoluta i minorenni sono 1 milione 208mila (il 12,1% del totale) e i giovani nella fascia 18-34 anni 1 milione 112mila (il 10,4%): oggi quasi un povero su due è minore o giovane.
L’istruzione tra i fattori che più influiscono sulla condizione di povertà
Dal 2016 al 2017 si aggravano le condizioni delle famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare (passando dal 8,2% al 10,7%). La povertà educativa riguarda in gran parte famiglie colpite dalla tradizionale povertà socio-economica. Ad esempio, si evidenziano situazioni di maggior svantaggio sia sul fronte dei servizi che delle possibilità individuali proprio nelle regioni del Mezzogiorno che registrano i più alti livelli di povertà assoluta. Al Sud e nelle Isole c’è una minore copertura di asili nido, di scuole primarie e secondarie con tempo pieno, una percentuale più bassa di bambini che fruiscono di offerte culturali e/o sportive e al contempo una maggiore incidenza dell’abbandono scolastico.
Le cause e i bisogni principali
In linea con gli anni precedenti, nell’analisi dei bisogni spiccano anche per il 2017 i casi di povertà economica (78,4%), seguiti dai problemi di occupazione (54,0%) e dai problemi abitativi (26,7%), questi ultimi in aumento rispetto al 2016. All’interno di questa categoria si nota un evidente incremento, dal 44,3% al 52,5%, della situazione di chi è privo di un’abitazione. Alle difficoltà di ordine materiale seguono poi altre forme di vulnerabilità che in molti casi si associano alle prime: problemi familiari (14,2%), difficoltà legate allo stato di salute (12,8%) o ai processi migratori (12,5%).
Tuttavia non ci si rivolge alla Caritas esclusivamente per aspetti di povertà materiale o per problematiche lavorative: il 46,1% degli utenti non manifesta esplicitamente problemi occupazionali; il 4,2% del totale ha addirittura fatto riferimento ai centri di ascolto per problematiche che esulano sia da problemi economici che lavorativi (es. malattia mentale, depressione, separazioni, divorzi, morte di un congiunto, difficoltà nell’assistenza di familiari, problemi di detenzione e giustizia). Tuttavia le richieste più frequenti sono quelle relative a beni e servizi materiali (62,1%), in crescita rispetto al 2016.
Tra gli italiani povera una famiglia su venti, tra gli stranieri quasi una su tre
Il rapporto rileva come la povertà assoluta si mantenga al di sotto della media tra le famiglie di soli italiani (5,1%), sebbene in leggero aumento rispetto allo scorso anno, mentre si attesta su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti stranieri (29,2%). Lo svantaggio degli immigrati non costituisce un elemento di novità e nel 2017 sembra rafforzarsi ulteriormente.
Sul fronte della povertà educativa gli alunni stranieri evidenziano tassi maggiori rispetto ai loro coetanei autoctoni. La differenza è già molto evidente nel primo anno di corso: all’esito di giugno, il tasso di non ammissione degli studenti stranieri è pari al 22,9%, mentre quello degli italiani è decisamente più basso (10,8%): quasi uno studente straniero su quattro non è ammesso all’anno successivo.
Il percorso di attuazione del Reddito d’Inclusione (REI)
Dal 1 dicembre 2017 a giugno 2018 il 60% degli aventi diritto (poco più di 1 milione su 1,7 milioni totali) ha ricevuto il Reddito di Inclusione. Dal 1 giugno 2018 sono venuti meno i criteri familiari e la grave povertà costituisce l’unico requisito d’accesso. Questo significa – si legge nel rapporto – che la platea degli aventi diritto si è allargata fino a raggiungere la quota di circa 2,5 milioni d’individui, cioè la metà di quei 5 milioni in povertà assoluta oggi presenti in Italia. Il dato indica la strada ancora da percorrere per approdare alla misura universalistica, estendendo il diritto all’altra metà di poveri oggi ancora scoperta. Le analisi sulla situazione dopo il 1 giugno mostrano anche che il diritto al REI non viene assicurato in tutte le aree geografiche del Paese in maniera corrispondente alla presenza della povertà assoluta (in Italia il 44% delle famiglie in povertà assoluta ha diritto al REI; nel Sud e nel Centro la percentuale si colloca tra il 50 ed il 54% dei nuclei indigenti lì presenti, mentre nel Nord è tra il 31% ed il 33%).
E il Reddito di Cittadinanza cosa porterà?
L’annunciata introduzione del Reddito di Cittadinanza è destinata a portare con sé novità di rilievo – fa notare la Caritas che l’attuazione della misura tenga conto dell’esperienza maturata nell’attuazione del REI di cui si parla nel rapporto. Questa esperienza sia nei suoi punti di forza così come nelle sue criticità rappresenta un prezioso patrimonio di sapere concreto, che merita di essere valorizzato. Un patrimonio, si spera, dal quale il legislatore non vorrà prescindere al momento di disegnare le prossime tappe della lotta alla povertà nel nostro Paese.
Notizia pubblicata il 17/10/2018 ore 12.15