C’è ancora molto da fare per la gestione degli animali in città. Solo il 24% dei Comuni ha un regolamento per la corretta detenzione di cani e gatti, mentre l’accesso a locali pubblici e uffici è regolamentato in meno del 10% dei centri urbani e i fuochi d’artificio solo nel 2,4%. I comuni che hanno un regolamento per l’accesso alle spiagge sono ancora pochi, solo il 12%. La spesa complessiva messa sul tavolo è pari a 218 milioni di euro annui con risultati molto disomogenei e comunque non sufficienti rispetto alle risorse impiegate, che in gran parte sono destinate alla gestione dei canili rifugio. Il quadro restituito dall’indagine Animali in città di Legambiente è molto diverso da comune a comune e fra le diverse asl.

All’indagine hanno risposto in realtà il 15% dei Comuni e il 65% delle aziende sanitarie contattate, con la particolarità che Roma non ha dato risposta al questionario inviato dall’associazione. Dei 218 milioni di spesa pubblica dichiarati, la maggior parte va ai canili rifugio, per i quali i comuni dichiarano di spendere il 95% del bilancio destinato al settore. Nel 3,2% dei casi i canili sono gestiti in proprio, in oltre il 30% attraverso ditte o cooperative con appalto pubblico, nel 46,1% dei casi attraverso associazioni in convenzione. Solo un quinto dei comuni dichiara di sapere quante siano le strutture dedicate agli animali d’affezione. “Dai dati forniti – dice Legambiente – risultano 181 canili sanitari, 73 gattili sanitari, 238 canili rifugio, 62 oasi feline, 18.122 o 16.542 colonie feline (in due domande del medesimo questionario le risposte ricevute dalle amministrazioni comunali variano incomprensibilmente), 1.369 aree urbane per cani, 152 pensioni per cani, 169 allevamenti di cani, 201 campi di educazione e addestramento cani”.

Il 66% delle amministrazioni comunali ha dichiarato di aver attivato l’assessorato e/o l’ufficio dedicato al settore. Il 74% delle aziende sanitarie locali ha risposto di avere almeno il canile sanitario e/o l’ufficio di igiene urbana veterinaria (in 5 casi anche l’ospedale veterinario). “Il randagismo rappresenta l’elemento principale di sofferenza e conflittualità per gli animali e il costo economico più significativo a carico della collettività – prosegue Legambiente –  Il quadro della gestione dei canili – con sterilizzazioni, restituzioni e adozioni – rimane stabile: in media tre cani catturati su quattro ritrovano famiglia, ma le differenze sono enormi da Comune a Comune”. Tutti i comuni hanno gatti liberi, più o meno auto-organizzati in colonie, ma solo il 24,4% dei Comuni dichiara di monitorare le colonie feline presenti sul proprio territorio.

“L’azione dei comuni e delle aziende sanitarie più efficienti è purtroppo una goccia nel mare rispetto a quelle che sono le esigenze nazionali per la gestione di cani e gatti o della fauna selvatica in città, a cominciare dei cinghiali – ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti -. Di questo argomento, finora, la politica nazionale si è disinteressata, come dimostrano i numeri altissimi del randagismo e dei ‘canili lager’, specialmente nel Meridione. Questo tema, come quello degli episodi di ‘incontri ravvicinati e conflittuali’ tra cittadini e cinghiali, in moltissime città, deve uscire dalle pagine della cronaca per arrivare a definire strumenti nazionali di gestione del problema, attraverso una puntuale attività parlamentare e in una costante azione di governo”.


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