“Ogni minuto, ogni giorno, l’equivalente di un camion di plastica finisce in mare”. Questo il sottotitolo di Plastic Radar, il report di Greenpeace che fa il punto sui rifiuti in plastica trovati durante l’estate sulle spiagge e nei mari d’Italia. Di quasi 6800 segnalazioni valide ricevute dall’associazione, il 91% ha riguardato rifiuti in plastica usa e getta. Un rifiuto su cinque è rappresentato da bottiglie di acqua minerale e bevande. Il report presenta i risultati dell’iniziativa Plastic Radar lanciata all’inizio dell’estate da Greenpeace.

Nella battaglia lanciata contro l’invasione della plastica sulle spiagge e in mare si è inserita la campagna Plastic Radar, un servizio per segnalare la presenza di rifiuti in plastica sulla sabbia, sui fondali, in mare. Ai partecipanti è stato chiesto di scattare una foto del rifiuto in plastica trovato, di geolocalizzarlo e inviarlo via WhatsApp. Un modo per evidenziare non solo la mole di rifiuti che finiscono dispersi, in gran parte monouso, ma per sollevare il tema della responsabilità dei grandi marchi nell’immissione sul mercato di grandi quantità di plastica usa e getta. Scrive Greenpeace nel report: “Con una produzione globale di plastica in crescita vertiginosa, che punta a raddoppiare i volumi attuali entro il 2025, è necessario intervenire alla radice del problema, avviando programmi di drastica riduzione della quantità di plastica monouso immessa sul mercato. Solo così riusciremo a ottenere il cambiamento necessario per salvare i mari del Pianeta dalla plastica”. Va dunque sollevato il tema, per Greenpeace, della responsabilità delle grandi aziende nell’immettere sul mercato plastica monouso.

Quale il risultato di Plastic Radar? “Un Paese che sembra circondato da un mare di rifiuti in plastica, in gran parte usa e getta e prodotti da San Benedetto S.p.A., The Coca-Cola Company, Nestlé Italiana S.p.A., Ferrero S.p.A. ed Eurospin Italia S.p.A.”: così esordisce il report, che fa il punto sull’iniziativa che si è svolta durante l’estate. Da nord a sud Italia sono stati più di 3200 gli amanti del mare che, da inizio giugno a fine agosto, hanno partecipato a Plastic Radar inviando fotografie di rifiuti in plastica e le coordinate geografiche in cui gli oggetti sono stati ritrovati; laddove possibile la fotografia ha incluso anche il dettaglio del marchio del prodotto e il tipo di plastica.

Risultato? Un’invasione di plastica monouso. Un quarto dei rifiuti fatto da bottiglie. “Delle quasi 6800 segnalazioni valide ricevute, il 91% ha riguardato rifiuti in plastica usa e getta, ovvero oggetti progettati per un utilizzo che va da pochi secondi ad alcuni minuti, e in gran parte rappresentati da bottiglie per l’acqua minerale e le bevande (25%). A seguire, nell’ordine, confezioni per alimenti (9%), sacchetti di plastica (4%), bicchieri, flaconi di detersivi, tappi e reti (tutti al 3%), contenitori industriali, flaconi di saponi e contenitori in polistirolo (tutti al 2%)”. In base ai risultati, prosegue la ricerca, non sorprende che la maggior parte dei rifiuti siano in PET (Polietilene Tereftalato: 38%), la tipologia di plastica comunemente utilizzata per le bottiglie per l’acqua minerale e le bevande, e  a seguire in HD-PE (Polietilene ad alta densità: 19%), una tipologia di plastica impiegata per produrre, ad esempio, flaconi e tappi per bottiglie e contenitori.

Le grandi aziende non possono ignorare la difficoltà di riciclare tutta la plastica che utilizzano per confezionare i propri prodotti – si legge nel report di Greenpeace – Eppure continuano ad aumentare i volumi di plastica monouso immessi sul mercato globale, molto spesso senza fornire alcuna alternativa. I risultati di politiche, aziendali e governative, che puntano solo sul riciclo, mancando di qualsiasi visione strategica volta a incentivare sistemi di distribuzione alternativa che non facciano ricorso alla plastica monouso, sono purtroppo evidenti. Di fronte a uno scenario così grave, i responsabili di questo inquinamento non possono essere solo i cittadini, soprattutto perché non tutti gli imballaggi in plastica immessi in commercio possono essere riciclati”.


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