Negozi chiusi o aperti la domenica e nei festivi? La volontà del Governo di intervenire sulla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali ha animato il dibattito pubblico fra contrari e favorevoli, fra chi sostiene la necessità di prevedere il ritorno alla chiusura domenicale e chi invece considera il cambiamento di orari come un dato ormai acquisito. Help Consumatori ha seguito il dibattito, ha riportato le diverse posizioni in campo, ha riflettuto non senza un filo di ironia sulla questione, ha lanciato un sondaggio fra i suoi lettori.

Ora riceviamo e pubblichiamo di seguito l’intervento che ci è stato inviato da Pietro Praderi, presidente nazionale Lega Consumatori.

Helpconsumatori con merito ha aperto il confronto fra le diverse posizioni sul tema della liberalizzazione degli orari dei negozi  e di suo ci ha aggiunto un sondaggio divertente .

La sensazione però che si ricava dai numerosi interventi  è che si preoccupi di insistere su argomenti tesi a puntellare proprie posizioni precostituite, liquidando le posizioni di chi pensa diversamente come antistorico, chiuso su posizione vetero, contrario al sacro principio della libera concorrenza oppure inventando motivazioni insostenibili . Una di queste è teorizzata da Pieluigi Battista sul Corriere della Sera secondo la quale il ritorno alla regolamentazione dei giorni festivi produrrebbe una nuova disuguaglianza quella  tra due categorie di lavoratori: quelli che lavorano la domenica e quelli a cui è vietato di farlo.

Il noto giornalista, come molti altri, non tengono conto che  da sempre i sostenitori della liberazione della domenica sostengono che la diseguaglianza non è tra due categorie di lavoratori: quelli che lavorano la domenica e quelli a cui è vietato di farlo ma tra servizi alle persone non rimandabili e servizi per le merci rimandabili,  servizi per i quali la costrizione a lavorare nei giorni di festa è un sacrificio evitabile , carico di costi sociali per la persona e la famiglia.

Siamo in un periodo storico nel quale è centrale il tema dello sviluppo sostenibile, e del salto di qualità culturale per il quale tramonta la filosofia di Friedman sull’impresa ( il cui fine è produrre utili da distribuire agli azionisti ) e cresce la cultura della impresa che incorpora nella sua gestione l’aspetto sociale e ambientale.

La grande catena Eurospin che pubblica una pagina intera su quotidiani per sostenere la regolamentazione degli orari di apertura dei centri commerciali, ritengo debba iscriversi alle aziende moderne e non antistoriche. Ma andando più in profondità perché non fare riferimento all’art. 36 della costituzione: “ Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”

Perché non prendere atto che il decreto Monti di liberalizzazione totale delle aperture dei centri commerciali è fallito nel suo intento e l’aumento dei consumi si può avere solo con il superamento del blocco dei salari e delle pensioni.

Perché non misurarsi sul diritto al riposo settimanale non solo dell’individuo ma della famiglia. Le lavoratrici nei supermercati sono il 70 per cento del personale , molte sono madri e la loro assenza da casa nei giorni festivi crea scompensi e accentua le difficoltà delle famiglie. E’ assai difficile far coincidere tra moglie e marito i giorni di riposo compensativo e i figli durante la settimana vanno a scuola.

E in ordine alle priorità sociali, territoriali viene prima l’impegno ad affrontare questa tematica o l’apertura del centro commerciale per la distribuzione di merci il primo maggio o il giorno di Natale. Qui sta il problema e il terreno di scelta di valore anche strategico.

 

Pietro Praderi, Presidente Nazionale Lega Consumatori


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