Quanto tempo passiamo al cellulare? Quante volte lo controlliamo per verificare se sono arrivate nuove notifiche? In metro e sul bus, a piedi e in macchina, nel tragitto casa lavoro- scuola, nel tempo libero e perfino durante le vacanze, non importa dove l’importante è essere sempre connessi con il mondo esterno. Ma siamo davvero connessi o è solo la proiezione di un qualcosa che di reale non è?

Secondo un sondaggio online condotto dall’ Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) citato a dicembre 2017 su Repubblica  su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni, il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Addirittura il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno. Dal sondaggio emerge che i giovani 3.0 non sanno stare senza rete, ma che anche gli adulti hanno i medesimi comportamenti. In particolare il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, e verifica di continuo sui propri device se sono arrivate notifiche, almeno 43 volte al giorno, fino a picchi di 65 volte al giorno.

Qualcuno parla di dipendenza da smartphone, di nomofobia, la paura incontrollata di rimanere sconnessi di cui soffrono in molti. E di dipendenza da smartphone si parla sempre più spesso tanto che di recente anche Google è arrivato ad affermare che stare troppo tempo attaccati allo smartphone è sbagliato, e che piuttosto va ritrovata la ‘gioia di perdersi qualcosa’ invece di rincorrere le notifiche (Fonte: Ansa ). In un post sul proprio blog il colosso della rete descrive i risultati di uno studio sulla dipendenza da cellulare insieme ad alcune misure consigliate per limitare il problema. La ricerca presentata di recente a Barcellona, si basa su dati raccolti attraverso interviste in diversi paesi del mondo e contrariamente alle aspettative ha riscontrato poche differenze tra le diverse culture, Paesi, generi, età o tipo di dispositivo utilizzato dei Paesi coinvolti. Gli  smartphone insomma pieni di App, social media, email secondo la ricerca andrebbero a creare un costante senso di obbligo e uno stress personale nell’utente.

Sempre secondo lo studio condotto da Google, la dipendenza da smartphone sarebbe anche provocata dalla natura stessa delle App, progettate per coinvolgere il più possibile gli utenti, e un senso di obbligo di risposta immediata ai messaggi ad esempio (si pensi ad esempio, alle spunte sulla chat di Whatsapp o alla notifica in tempo reale sugli altri social network). Il tutto insomma, andrebbe a generare negli utenti della rete una paura di perdersi qualcosa, FOMO -, acronimo per ‘fear of missing out’- che al contrario dovrebbe trasformarsi in JOMO -‘Joy of missing out’. Per contrastare questi fenomeni di dipendenza da device Google in questi anni ha previsto per Android una serie di applicazioni che monitorano l’utilizzo dello smartphone, avvertendo l’utente quando esagera, e dando al contempo al medesimo una disconnessione almeno temporanea. In sintesi, di fronte a questa fotografia della nostra società attuale e del processo di digitalizzazione che da una parte migliora le nostre vite ma dall’altra ci rende schiavi delle nuove tecnologie,  forse sarebbe auspicabile una pausa della rete? Chissà, forse potrebbe perfino essere utile creare una APP che tenga il conto di tutte le volte che accediamo al nostro smartphone in cerca di nuovi messaggi Whatsapp, nuovi like o condivisioni sui social per creare maggiore consapevolezza agli utenti della rete sulla dipendenza da smartphone, di cui tanto si parla e per cui anche Google mette in guardia.

 

di Claudia Ciriello


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