Greenpeace alle multinazionali: fermare inquinamento da plastica
Le Isole Tremiti hanno lanciato un segnale non da poco: il sindaco ha deciso di vietare l’uso di piatti, stoviglie, bicchieri e posate in plastica monouso. Si potranno usare solo quelli biodegradabili. Un primo passo di fronte a quanto era emerso da un’indagine di Greenpeace e del CNR che evidenziava l’alta concentrazione di microplastiche anche in un’area di pregio come le isole Tremiti. E proprio oggi Greenpeace, in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, chiede ai governi del G7 e alle multinazionali di fermare l’inquinamento da plastica.
Perché le aziende? Perché il riciclo non basta, afferma l’associazione ambientalista, e l’attenzione va dunque indirizzata a fermare l’inquinamento da plastica prima che sia troppo tardi, riducendo il ricorso alla plastica usa e getta, a imballaggi e contenitori monouso. Beat Plastic Pollution è il messaggio che arriva dalle Nazioni Unite per la Giornata dell’ambiente di oggi, all’insegna di un impegno semplice rivolto a tutti i cittadini. “If you can’t reuse it, refuse it”. Se non lo puoi riusare, rifiutalo. Stop dunque all’uso di sacchetti monouso e posate di plastica, via libera a ogni azioni di pressione nei confronti delle grandi aziende, comportamenti attivi quali quelli di raccogliere i rifiuti in plastica che si trovano (tanti) sulle spiagge e nei mari: tante le azioni che i cittadini possono fare già in prima persona, dal basso, per combattere una delle forme di inquinamento più diffuse e invasive.
L’azione di pressione sulle grandi aziende è la battaglia che Greenpeace sta seguendo. In un monitoraggio fatto insieme ad altre organizzazioni del movimento BreakFreeFromPlastic su alcune spiagge delle Filippine, è emerso che i rifiuti in plastica raccolti e catalogati appartengono per la maggior parte a Coca-Cola, Unilever, Nestlé e Procter & Gamble. “Proprio a queste aziende, e alle maggiori potenze economiche che si incontreranno nei prossimi giorni al G7 in Canada, Greenpeace chiede interventi per la riduzione della produzione e immissione sul mercato di plastica usa e getta.
“È necessario che i governi e le grandi multinazionali riconoscano che il riciclo non è la soluzione del problema. Bisogna fermare l’inquinamento da plastica prima che sia troppo tardi – ha detto Graham Forbes, responsabile della campagna plastica di Greenpeace – In tutto il mondo, migliaia di persone si battono quotidianamente contro l’inquinamento da plastica, ma questa crisi ambientale necessita di interventi urgenti e azioni concrete per ridurre la produzione e il consumo di plastica monouso”. Il movimento Break Free From Plastic, che rappresenta più di 1.200 gruppi in tutto il mondo, chiede dunque ai paesi del G7 di approvare obiettivi di riduzione e divieti per la plastica monouso, investire in nuovi modelli di consegna dei prodotti basati sul riutilizzo e creare un sistema di tracciabilità della merce che renda le aziende responsabili della plastica che producono. Sostiene Greenpeace: “Negli ultimi mesi, McDonald’s, Starbucks, Procter & Gamble, Nestlé, Coca-Cola, Pepsi e Unilever hanno pubblicato piani volontari relativi all’inquinamento da plastica, ma nessuna delle aziende ha adottato interventi drastici per ridurre la produzione di imballaggi monouso”.
Sul versante opposto alle aziende c’è l’impegno seguito da attivisti, cittadini e comunità che si stanno mobilitando in tutto il mondo per ridurre o vietare il ricorso alla plastica usa e getta. A Veracruz in Messico un gruppo di cittadini ha ottenuto il bando dei sacchi di plastica e delle cannucce dal loro Stato. Quasi 100 bar in Grecia hanno accettato di concedere sconti a tutti i clienti che impiegano le loro tazze riutilizzabili. In Italia, dopo le indagini che hanno evidenziato livelli di microplastica elevati anche nelle acque delle Isole Tremiti – una concentrazione di 2,2 frammenti di microplastica per metro cubo di acqua – il sindaco ha deciso di vietare l’uso di posate e stoviglie in plastica monouso. La “zuppa di plastica”, o qualcosa di simile, c’è anche nel Mediterraneo, ha evidenziato uno studio dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr di Genova (Ismar), dell’Università Politicnica delle Marche (Univpm) e di Greenpeace Italia, denunciando che nel Mare Nostrum c’è “un’enorme e diffusa presenza di microplastiche comparabile ai livelli presenti nei vortici oceanici del nord Pacifico, con i picchi più alti rilevati nelle acque di Portici (Napoli) ma anche in aree marine protette come le Isole Tremiti (Foggia)”.
Sono iniziative, quelle adottate alle Tremiti come in altre parti del mondo, importanti nella direzione della lotta alla plastica usa e getta. “Iniziative come queste mostrano che ognuno può fare la differenza, facendo pressione su governi e multinazionali perché si facciano carico di questa grave crisi ambientale”, dice Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. L’associazione ha lanciato l’iniziativa Plastic Radar che invita i cittadini a fotografare e segnalare via WhatsApp la presenza di rifiuti in plastica sulle spiagge e in mare.