Bioshopper personale, non ti temo. Finalmente i consumatori potranno portare i sacchetti di plastica da casa per comprare frutta e verdura. Dovranno essere nuovi, monouso, biodegradabili, adatti a contenere ortofrutta. I negozianti non potranno impedire l’uso di contenitori alternativi come le buste in carta. E in effetti non si può escludere che per qualche prodotto – immaginiamo meloni e ananas, ma forse potrebbe rientrarci anche la zucchina sfusa – la bustina non sia neanche necessaria. Quali praterie di immensa libertà si aprono ai consumatori alle prese con le quotidiane fatiche della spesa ortofrutticola? Proviamo a tracciare qualche scenario.

Primo scenario. Il consumatore compra fuori dal supermercato una scatola di bioshopper monouso biodegradabili e compostabili (dopo aver fatto un’accurata analisi di mercato per essere certo che siffatta spesa sia più economica della busta sfusa acquistata nel negozio), ne sfila una quantità commisurata alle sue esigenze e si presenta al reparto ortofrutta con la sua scorta di bioshopper. Un addetto al packaging, adeguatamente formato dalla Grande distribuzione, validerà ogni singolo sacchetto verificando che sia nuovo, monouso e biodegradabile, poi darà il via libera all’acquisto da parte del consumatore. Questo alla fine scoprirà che il costo della singola busta nel supermercato è inferiore a quelle comprate nel diretto concorrente. Ma è la concorrenza, bellezza, e non puoi farci niente.

Secondo scenario. Il consumatore si presenterà al reparto ortofrutta con una scorta di buste di carta, che saranno preventivamente verificate dall’addetto al packaging. Vi apporrà tutta la frutta e la verdura che vuole ma avrà problemi con la tara, misurata sul peso del sacchetto in plastica presente nel supermercato. Servirà dunque l’intervento del tecnico specializzato in pesi, misure e bilance per verificare che il kg di limoni imbustati e pesati corrisponda a un kg effettivo di prodotto, e non a 900 grammi più un etto di busta in carta. Nel frattempo, si sarà fatta la fila di consumatori che vogliono pesare il melone e andare in cassa.

Terzo scenario: il melone. Questo rappresenta il tipico esempio di prodotto ortofrutticolo che potrebbe non essere imbustato ma semplicemente posto nel carrello della spesa, dopo essere stato pesato e aver ottenuto la sua bella etichetta adesiva da incollare sulla buccia. Gli addetti alla cassa non sono però sicuri che il trasporto del suddetto melone privo di incarto sia igienico, quindi rimanderanno il consumatore al reparto ortofrutta chiedendogli di imbustare il frutto in un sacchetto o in una busta di carta o in un incarto qualsiasi, che dovrà essere validato dall’addetto al packaging. La fila ricomincia.

Quarto scenario. Il consumatore fa la spesa per una famiglia numerosa, quindi si presenta al reparto ortofrutta del supermercato con una cassetta in legno per frutta e verdura. L’addetto al packaging non sa se la normativa consenta di porre spinaci sfusi, zucchine e peperoni, meloni, mele e pere all’interno della cassetta in legno, che pure rappresenta materiale ecologico e alternativo e che è di sicuro nuova (il consumatore l’ha comprata apposta) ma non necessariamente monouso. Chiama così il responsabile di reparto, che chiama il direttore del supermercato, che chiama il responsabile della Gdo, che chiama lo staff legale. La questione viene rimessa al Consiglio di Stato. La fila si allunga.

Quinto scenario. Il consumatore si presenta nel reparto ortofrutta con una retina ecologica lavabile. Questa è indubbiamente pulita, ma l’addetto al packaging ha qualche dubbio perché emana profumo di bucato. Potrebbe essere stata lavata con un detersivo che lascia residui, non adatto al contatto con gli alimenti. Chiama il responsabile di reparto, che chiama il direttore del supermercato, che chiama il responsabile della Gdo, che chiede una consulenza scientifico-chimica. La fila comincia a rumoreggiare.

Quinto scenario. Il consumatore va al supermercato e compra frutta e verdura  già imbustate. Il packaging comprende il vassoio, la plastica di rivestimento, l’etichetta con tutte le informazioni su peso, origine e prezzo del prodotto. Inquina di più. Costa di più. Ma si risparmia la fila alla bilancia.

 

Si ringrazia per l’ispirazione il Consiglio di Stato e il Fatto alimentare.

 

@sabrybergamini

 

Notizia pubblicata il 05/04/2018 ore 17.27


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