Ogni anno in Europa si verificano 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che provocano più di 37 mila morti. In Italia il livello di antibiotico-resistenza (fonte ISS-Istituto Superiore di Sanità) si colloca fra i più elevati in Europa con una percentuale annuale di pazienti infetti fra il 7 e il 10%. Le infezioni contratte in ospedale colpiscono circa 300.000 pazienti e causano una mortalità che si aggira fra i 4.500-7.000 casi.

Quanto alle stime future, si prevede che nel 2050 le infezioni batteriche da germi multiresistenti possano causare circa 10 milioni di morti, superando i decessi per tumore, con costi esorbitanti per i sistemi sanitari.

Cosa fare allora per arginare questa piaga sempre più dilagante? “Innanzitutto”, afferma Francesco Menichetti, Presidente G.I.S.A. (Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica e Direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, “bisogna partire dalla causa principale del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ossia l’uso inappropriato di antibiotici spesso dovuto anche alle cure-fai-da-te. D’altro lato nei pazienti più a rischio si dovrebbe ricorrere alla terapia antibiotica più appropriata adottata nel minor tempo possibile, per ottimizzare l’impatto terapeutico, limitando l’insorgenza di resistenze”.

“Sicuramente”, continua Menichetti, “è necessario sensibilizzare i tecnici e le istituzioni affinché il problema delle resistenze batteriche riceva la dovuta attenzione e l’adeguata allocazione di risorse.  È altresì importante sensibilizzare l’opinione pubblica spiegando quanto possano essere dannose pratiche come l’autoprescrizione e l’automedicazione, da noi così tanto in voga, così come la durata del ciclo terapeutico affidata al libero arbitrio. Sta ai medici, ovviamente, saper valutare caso per caso l’opportunità e l’utilità di ricorrere a questi farmaci. Ricordiamo che gli antibiotici sono dei veri e propri baluardi salva-vita e che la loro efficacia può essere compromessa da un uso inappropriato, che non produce benefici ma induce solo resistenze”.

Da queste evidenze, nasce quindi l’idea di formulare una guida per definire le azioni prioritarie e che possano contribuire a trasformare i buoni propositi in realtà consolidata. “Ci è sembrato”, aggiunge Menichetti, “lo strumento migliore per uscire dallo stallo e sollecitare l’attenzione dei medici, ma anche delle persone comuni, che devono porre più attenzione nell’assunzione degli antibiotici”.

Il Decalogo G.I.S.A. promuove azioni dirette alla prevenzione primaria e secondaria delle infezioni, (vaccini e profilassi antibiotica); azioni dirette al controllo della diffusione della resistenza antimicrobica (Infection Control); azioni dirette al contenimento dell’uso degli antibiotici negli animali (approccio One-Health) ed al loro buon uso nell’uomo (antimicrobial stewardship).

“L’utilizzo degli antibiotici nel settore zootecnico è utile per controllare le malattie infettive, garantire livelli adeguati di benessere animale e di qualità nelle produzioni alimentari di origine animale, ma questo, come ben sappiamo, incide anche sull’uomo e di conseguenza sulla salute pubblica”, conclude Menichetti.


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