Aumentano le famiglie in grado di risparmiare ma l’alfabetizzazione degli italiani si conferma carente: solo il 30 per cento ha ricevuto un’educazione finanziaria specifica dai propri genitori e appena il 5 per cento ha avuto a disposizione corsi di formazione finanziaria. Questa doppia tendenza è stata fotografata dalla Doxa nell’Indagune sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2017  “Consapevolezza, fiducia, crescita: le sfide dell’educazione finanziaria”, un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo.

In un contesto generale di ripresa economica aumentano i risparmiatori e i risparmi. “Si torna a progettare”, spiegano i ricercatori, evidenziando un dato di fondo del 2017: le famiglie in grado di risparmiare crescono dal 40 al 43,4 per cento. C’è chi non risparmia intenzionalmente, ma semplicemente spende meno del previsto, e chi invece volontariamente mette da parte risorse – poco meno di un quarto degli intervistati, un dato abbastanza stabile negli anni. Spiegano i ricercatori: “I risparmiatori non intenzionali sono coloro che sono riusciti a mantenere il controllo del bilancio famigliare, sicché alla fine dell’anno si sono trovati ad aver speso meno di quanto avessero incassato. La quota di queste famiglie ha recuperato circa un punto percentuale dal 2016, raggiungendo il 21,4 per cento del campione; la brusca contrazione iniziata nel 2012 sembra definitivamente superata. I risparmiatori intenzionali sono coloro che hanno risparmiato con uno scopo preciso: si tratta di un gruppo che negli anni si è sempre mantenuto più o meno stabile, poco al di sotto di un quarto del campione. Nel 2016 i risparmiatori intenzionali erano un quinto del campione, quest’anno ritornano al 22 per cento, avvicinandosi alla cifra fisiologica. Il fatto che la crescita dei risparmiatori intenzionali sia superiore a quella dei risparmiatori non intenzionali indica che le famiglie stanno tornando a progettare ed è coerente con l’aumento della propensione media al risparmio, dal 9,6 all’11,8 per cento del reddito”.

I più giovani risparmiano soprattutto per far fronte alle incertezze. Il risparmio per la casa, per una ristrutturazione o un acquisto, dopo la flessione del 2015 e del 2016, torna quest’anno a superare il 16 per cento ed è particolarmente diffuso nelle fasce d’età fra 35 e 54 anni. Aumenta lentamente l’intenzione di risparmiare per la vecchiaia, segnalata dal 20,7 per cento degli intervistati, mentre il 17 per cento degli intervistati occupati ha sottoscritto una forma di investimento previdenziale integrativo (+6 per cento).

Nel 2016 ha comprato una casa il 5 per cento degli intervistati. La priorità degli investimenti è la “sicurezza del capitale”, indicata al primo posto dal 61,9 per cento degli intervistati. La più votata caratteristica al secondo posto, invece, è la liquidità (36,8 per cento). Seguono a distanza la cedola (rendimento di breve termine) e l’aumento del valore del capitale (rendimento di lungo termine). “Questo profilo di rischio, decisamente piuttosto difensivo, è una cicatrice naturale della crisi del reddito – spiegano i ricercatori – Nonostante questo, migliora l’attitudine ad aspettare, per vedere un rendimento. Passa dal 32,7 per cento al 37 per cento la quota degli intervistati disponibile ad attendere tre o più anni prima di tirare le somme su un investimento. Una parziale anomalia è che, soprattutto di questi tempi, la sicurezza andrebbe cercata nella diversificazione e non in strumenti “intrinsecamente sicuri”, difficili da individuare. Eppure, oltre la metà dei risparmiatori (52,1 per cento) dichiara di non avere alcuna diversificazione, con oltre i due terzi della propria ricchezza finanziaria impiegata nella stessa forma di investimento. Solo il 5,1 percento del campione dichiara un alto grado di diversificazione e non dedica ad alcuna forma di investimento più di un decimo dei propri risparmi”. Aumentano infine dall’8 al 13 per cento le famiglie che scelgono forme di risparmio gestito.

In questo contesto, i ricercatori hanno svolto un sondaggio aggiuntivo sul grado di alfabetizzazione finanziaria. Quello che emerge è la conferma della necessità di una maggiore educazione finanziaria, che potrebbe aiutare le persone nelle scelte di investimento presenti e future e far capire meglio qual è il rischio delle diverse proposte di investimento – difficoltà segnalata da molti intervistati.  

Si legge nella ricerca: “Circa due terzi delle persone ha consapevolezza dei tassi di interesse; metà appena comprende  correttamente cosa sia l’inflazione e cosa sia la diversificazione del rischio, ma buona parte di coloro che comprendono la diversificazione sbaglierebbe sugli altri argomenti. Oltre ad essere bassa, l’alfabetizzazione finanziaria presenta ampie differenze regionali, differenze di genere e soprattutto differenze collegate alla condizione professionale”. Solo il 30 per cento degli intervistati, del resto, ha ricevuto un’educazione finanziaria specifica dai propri genitori e appena il 5 per cento ha avuto a disposizione corsi di educazione finanziaria. La forma di educazione economica più diffusa è stato l’incoraggiamento a risparmiare ricevuto dalla famiglia (82 per cento) o l’insegnamento a programmare le spese (68 per cento). A queste si sono aggiunte l’educazione finanziaria informale che si è conseguita per aver svolto dei lavoretti retribuiti da ragazzi (tra il 42 e il 48 per cento) e la responsabilizzazione alle scelte finanziarie che si è assorbita per aver dovuto gestire la propria paghetta in autonomia, che ha riguardato meno di un risparmiatore su tre (29 per cento).

Detto questo, l’indagine sottolinea che una buona conoscenza finanziaria aiuta a migliorare le scelte economiche e la qualità della vita. Si legge nell’indagine: “Una buona conoscenza finanziaria è  infatti correlata positivamente con l’uso della tecnologia per accedere agli strumenti di pagamento e di investimento; è correlata agli investimenti in Borsa e a conoscere il significato delle operazioni al ribasso o delle operazioni a premio e dei contratti di opzione. Chi ha una buona conoscenza finanziaria, inoltre, ha costruito una base economica più solida utile alla sua vita di tutti i giorni: avrebbe maggiore facilità a trovare 5000 euro per una emergenza economica e non dovrebbe ricorrere, per esempio, alla vendita di beni”.


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