“Come mangiano gli italiani?”. A rispondere alla domanda sono i dati della ricerca Crescita e qualità della vita: le opportunità della food policy realizzata da Censis per Tuttofood, fiera internazionale del B2B dedicata al food&beverage organizzata da Fiera Milano dall’8 all’11 maggio. Secondo l’indagine, i nostri connazionali sono in maggioranza pragmatici: 14,5 milioni mangiano di tutto un po’. Danno priorità a prodotti tipici e cibi genuini in 7,3 milioni, mentre 6,4 milioni sono salutisti. Tra le altre caratteristiche alimentari ci sono la convivialità (3,8 milioni), l’attenzione al prezzo (3,3 milioni) e l’abitudine (2,4 milioni), mentre 2,4 milioni si definiscono gourmand.

L’Italia è universalmente riconosciuta come una best practice del food, perché è terra di buon cibo e società dal buongusto” spiega Ketty Vaccaro, responsabile dell’Area welfare e salute del Censis. “Tuttavia non si possono non rilevare contraddizioni evidenti, dalla coesistenza di obesità e forme di malnutrizione, a quella tra gourmet e patiti del junk food. Sono contraddizioni ad alto rischio che nel lungo periodo possono generare costi sociali e sanitari rilevanti. Ecco perché la buona dieta italiana va assolutamente rilanciata e la food policy altro non è che uno degli strumenti primari per preservare quell’idea che ancora oggi è molto radicata a livello globale: mangiare buono, genuino e sano è un valore tipico dell’Italian style”.

L’analisi del Censis per gruppi sociali mostra alcune specificità. Per esempio i Millennials presentano una maggiore differenziazione per tipologie di stili alimentari, e tra essi, rispetto alle altre classi di età, sono più presenti gli abitudinari, cioè le persone che mangiano sempre le stesse cose (7,7%, 4,8% valore medio per tutti gli italiani), i junk food lovers (il 5% contro una media del 3,7%), i vegetariani e vegani (4,1%, 2,9%), gli amanti del cucinato consegnato a casa (3,2%, 2,3%) e gli sperimentatori (10%, 6,2%). Sono invece meno presenti i salutisti (8,6%, 12,7%). Gli anziani sono molto più pragmatici e orientati a mangiare un po’ di tutto (30,4% di contro a 28,5%) oltre che più salutisti (20,2%, 12,7%). Riguardo alle aree geografiche, al Nord-Ovest (29,2%), al Nord-est (30,7%) e al Centro (32,2%) rispetto al Sud-Isole (24,7%) sono più alte le quote di pragmatici, mentre al Sud-Isole è più alta quella degli amanti del genuino (19,3%). Per le tipologie di famiglie, in quelle con figli è più forte la quota di amanti del genuino, autentico e di stagione (15,4%) e quella degli abitudinari (6,1%), inevitabile visto che la presenza dei figli induce a una certa regolarità nel contenuto dei pasti. Tra le persone che vivono sole invece è molto più alta la quota dei salutisti (22,9%), mentre tra le coppie senza figli è più alta la presenza di sperimentatori (8,3%).

“L’alimentazione è uno dei principali determinanti dello stato di salute delle persone, e per questo può operare come una modalità di prevenzione sanitaria primaria particolarmente efficace” sottolineano i ricercatori del Censis. In tutto ciò, 1,9 milioni di italiani (fonte: indagine Censis) si dichiarano esplicitamente junk food lovers, cioè appassionati di quei cibi accusati di effetti negativi sulla salute: dalle chips ai fritti vari alle bevande gassate allo zucchero ecc. Tra i Millennials (5%) e le persone con licenza media (6,5%) si riscontra la quota più alta che si autocolloca in questa tipologia. Sempre in relazione alle cattive abitudini alimentari, altro dato significativo, sempre secondo il Censis, è che 1,2 milioni di italiani si autodefiniscano ingordi, persone che mangiano troppo di tutto: gli ingordi sono di più tra gli anziani e le persone a bassa scolarità. “Sono numeri alti che segnalano una persistente diffusione di cattivi stili alimentari, di cui sono consapevoli le persone che li praticano” sostiene la Fondazione Censis. “Sono dati preoccupanti anche se la situazione è sicuramente molto meno grave rispetto a quella di paesi con minore tradizione di buon cibo e buona cucina. In sostanza, l’attuale situazione positiva potrebbe nel medio-lungo periodo rovesciarsi, laddove la diffusa tendenza al sovrappeso non venisse affrontata con una adeguata cultura della buona alimentazione, come fattore di buona salute”. E poi c’è il capitolo sprechi. “Con la crisi gli italiani hanno imparato a razionalizzare anche i consumi alimentari” precisano i ricercatori del Censis “con tagli anche drastici alla spesa, e tuttavia lo spreco è ancora una dimensione significativa di spesa, carrello, tavola e dispensa degli italiani. La riduzione, fino all’eliminazione completa, dello spreco è un obiettivo decisivo della food policy per una società più equa, più etica e sostenibile”.    

 

di Marianna Castelluccio


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