Salute delle strutture oncologiche, Cittadinanzattiva: si può ancora migliorare
Ogni giorno in Italia circa mille persone ricevono la diagnosi di tumore e si calcola che nel 2020 i malati di cancro saranno 4 milioni e mezzo. L’incidenza è più elevata al Nord che al Sud del Paese, ma i valori di sopravvivenza per alcuni tumori restano più elevati nelle aree settentrionali. Attualmente le reti oncologiche, intese come “il coordinamento di tutte le azioni che riguardano l’assistenza al malato oncologico, sia dentro che fuori dall’ospedale”, sono attive in Veneto, Piemonte, Lombardia, Toscana, Trentino ed Umbria. Sono in fase di attivazione in Emilia Romagna, FVG, Lazio, Liguria, Alto Adige e Sicilia; mentre non sono state attivate nelle altre regioni.
Il monitoraggio civico condotto da Cittadinanzattiva sulle strutture oncologiche, presentato oggi, mostra i risultati raggiunti dalle singole strutture monitorate per metterne a confronto punti di forza e aree da migliorare. Una guida utile per aiutare il cittadino a conoscere i servizi e scegliere dove curarsi.
121 i fattori esaminati, con l’obiettivo di indagare: il rispetto dei 14 diritti della Carta europea del malato: l’attenzione da parte delle strutture ai bisogni e ai diritti della persona con una malattia oncologica e delle relative famiglie, la capacità di presa in carico globale, i servizi offerti, il livello e la qualità dell’assistenza, la disponibilità dei farmaci oncologici.
La gran parte delle strutture sanitarie garantisce una adeguata presa in carico dei pazienti oncologici attraverso equipe specializzate, attenzione alla personalizzazione del percorso di cura e rilascio del codice di esenzione già dal sospetto diagnostico nel 50% delle strutture. Il 52% delle strutture monitorate appartiene ad una rete oncologica formale, ma in realtà si tratta per lo più di strutture che lavorano in rete garantendo i servizi necessari pur non essendoci un formale atto costitutivo. Tutte sono dotate di un Day hospital oncologico, il servizio di radioterapia è attivo nel 55% delle strutture, il Pronto soccorso o DEA nell’81%, il Centro di terapia del dolore nell’89%, il servizio di psiconcologia nel 73%. Meno diffusi i servizi di riabilitazione oncologica (presente nel 43% delle strutture), e l’hospice (nel 44%).
Buona la comunicazione con il paziente e i familiari, così come l’adeguatezza e il comfort degli spazi nei reparti di degenza e nei day hospital.
Tuttavia permangono diversi nodi critici: innanzitutto sull’accesso alle prestazioni diagnostiche non garantite entro le 72 ore da una struttura su quattro. Nota dolente riguarda i ritardi e la disomogeneità nell’accesso ai farmaci legate soprattutto alla gestione delle scorte e giacenze dei farmaci antineoplastici. Solo nel 51% delle strutture esiste un software capace di mettere in rete con le altre strutture queste informazioni. Per quanto riguarda le sperimentazioni cliniche, sebbene l’81% delle strutture effettui ricerca al proprio interno, solo il 53% fa parte di un network nel quale si condividono le informazioni sulle sperimentazioni in atto, solo nel 35% è prevista una procedura per l’invio del paziente verso strutture che hanno attive sperimentazioni e solo nel 30% le informazioni sulle sperimentazioni sono pubblicate sui siti web. Ottimi i risultati sulla personalizzazione delle cure, assicurata dal 97% delle strutture, e sull’attenzione al dolore, garantita nel 94%.
Un’altra area da migliorare è anche la verifica della continuità assistenziale con percentuali insoddisfacenti per l’assenza della figura del case manager nella metà delle strutture e la mancanza di coordinamento con i medici di medicina generale alla dimissione del paziente. Passi in avanti andrebbero messi in atto nella valutazione della soddisfazione dell’utenza, così come nei servizi di trasporto tra domicilio ed ospedale e per rispondere alle differenze culturali, etniche e religiose.
Infine, bisognerebbe procedere ad una maggiore informatizzazione delle procedure, a cominciare dal fascicolo sanitario elettronico disponibile solo nella metà dei casi.
“Abbiamo rilevato un’attenzione che semplifica la vita dei malati oncologici, ad esempio quella di garantire, in una struttura su due, l’accesso gratuito a visite e esami, attraverso il riconoscimento dell’esenzione per patologia (codice 048) già al momento del sospetto diagnostico. È necessario renderlo un diritto esigibile per tutti e per questo chiediamo un impegno concreto di Ministero e Regioni anche all’interno dei LEA”, commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato/Cittadinanzattiva. “Maggiori garanzie vanno definite anche sul rispetto dei tempi massimi di attesa nell’area oncologica, ad esempio facendone un criterio di valutazione per Direttori generali e dipartimentali. Ci aspettiamo, inoltre, che il fondo per i farmaci innovativi previsto in legge di bilancio sia usato per ridurre i tempi di accesso che la disomogeneità per i farmaci oncologici innovativi nelle strutture ospedaliere. E ancora occorre rafforzare l’impegno per qualificare meglio il percorso di cura, portando tutti ai livelli dei migliori, così come il rapporto tra ospedale e territorio, per evitare che la persona nella fase di passaggio sia aggravata da ulteriori pesi evitabili. Infine va rafforzata l’attività di valutazione della qualità dei servizi, con il coinvolgimento delle associazioni di cittadini e pazienti, rendendone trasparenti e accessibili i risultati emersi”.