8 marzo, Amnesty: mai più donne che muoiono perché difendono i diritti umani
Le donne che difendono i diritti umani in tutto il mondo sono spesso in pericolo. Vessate, umiliate, perseguitate, censurate, imprigionate perché difensore dei diritti umani e perché donne in battaglia contro strutture di potere, stereotipi di genere, per la rivendicazione dei diritti riproduttivi, sociali, ambientali. Amnesty International, mobilitata in loro favore, chiede ai Governi di proteggere le donne che difendono i diritti umani. E ha lanciato una petizione anche al Governo italiano perché si adoperi in favore delle donne, proteggendole e promuovendo il loro lavoro in Italia e all’estero.
“Perché non ci siano altre donne che muoiono per aver difeso i diritti umani – come la coraggiosa Berta Càceres, uccisa il 2 marzo 2016 per il suo lavoro in difesa della terra e dei diritti della comunità nativa in Honduras – chiediamo che il Governo italiano riconosca il ruolo di coloro che difendono i diritti umani e in particolare quello delle donne, che spesso affrontano rischi aggiuntivi sia per il loro genere che per i diritti contestati che rivendicano e che si adoperi, sia attraverso le sue missioni all’estero, che sul nostro territorio, con azioni concrete a favore delle difensore a rischio, legittimandole, proteggendole e promuovendo il loro lavoro in Italia e all’estero”. Questa la petizione di Amnesty. Secondo i dati di FrontLine Defenders, nel 2016 sono stati uccisi 282 difensori dei diritti umani in 25 paesi nel mondo e di questi 39 erano donne. Come Berta Càceres, assassinata nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016, in Honduras, che aveva vinto nel 2015 il Premio Goldman per l’Ambiente, il più alto riconoscimento assegnato ai difensori dei diritti dell’ambiente per le vittorie conseguite nel proprio contesto comunitario. Da anni, insieme al Consiglio civico delle organizzazioni indigene e popolari di Honduras (COPINH), conduceva una campagna contro la costruzione di una diga idroelettrica che minaccia il territorio del popolo nativo Lenca.
“É urgente che i governi inizino a legittimare pubblicamente il ruolo centrale delle difensore dei diritti umani nella realizzazione di tutti i diritti umani e assicurino loro protezione. Perché non ci siano più donne che muoiano per aver difeso i diritti umani”, afferma Amnesty Italia, che ha dedicato l’8 marzo a cinque donne impegnate e in pericolo. Sono Bibata Ouedraogo, una difensora burkinabè che lavora per la promozione dei diritti delle donne; Su Changlan, una difensora cinese accusata di incitamento alla sovversione contro lo stato; Eren Keskin, un’avvocata turca che difende i diritti umani; Máxima Acuña, una contadina peruviana che si batte per difendere il suo territorio dalla costruzione di una miniera; Helen Knott, una portavoce delle comunità native canadesi di Peace River Valley che si oppongono alla costruzione di una diga idroelettrica sui loro territori ancestrali.
Sono donne che vengono minacciate, marginalizzate, picchiate e perseguitate per il loro lavoro in difesa dei diritti umani, “per aver sfidato gli stereotipi di genere, le strutture del potere e del profitto, le norme sociali e i valori patriarcali, religiosi e tradizionali; per aver rivendicato i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti ambientali e dei popoli nativi”. Oggi quindi Amnesty Italia sarà presente in molte piazze e chiederà di firmare la petizione rivolta al governo italiano online su www.amnesty.it/8marzo affinché riconosca il ruolo di coloro che difendono i diritti umani e si adoperi con azioni concrete a favore delle donne. Da oggi al 12 marzo, inoltre, accanto ad Amnesty ci sarà Altromercato per parlare di diritti delle donne di tutto il mondo, nell’ambito della campagna sociale “Insieme creiamo #unaltrovivere”.