Nuovi dati negativi per l’economia italiana: dopo aver rivisto al ribasso le stime sul Pil, oggi l’Istat certifica un calo delle vendite al dettaglio che a luglio sono diminuite dello 0,3% sia in valore sia in volume. A calare sono le vendite dei prodotti non alimentare (-0,5% in valore e -0,4% in volume), mentre quelle di beni alimentari crescono (+0,3% in valore e +0,1% in volume). 

Rispetto a luglio 2015, le vendite diminuiscono dello 0,2% in valore e dello 0,8% in volume. I prodotti non alimentari registrano -0,6% in valore e -1,1% in volume.

Unico dato positivo è quello sul trimestre maggio-luglio 2016, con un +0,2% in valore delle vendite al dettaglio. L’indice in volume risulta stazionario nei confronti del trimestre precedente.


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Tra i prodotti non alimentari le variazioni tendenziali negative di maggiore entità si registrano per i gruppi cartoleria, libri, giornali e riviste (-4,6%) ed elettrodomestici (2,3%). In crescita solamente i giochi e l’arredamento. Rispetto a luglio 2015 si osserva un incremento del valore delle vendite nella grande distribuzione (+1,1%), a fronte di una flessione (-1,2%) per le imprese operanti su piccole superfici. Rispetto a giugno 2016, le vendite dei prodotti alimentari aumentano dello 0,3% in valore e dello 0,1% in volume; le vendite dei prodotti non alimentari, invece, diminuiscono dello 0,5% in valore e dello 0,4% in volume. Nel trimestre maggio-luglio 2016 si registra una variazione congiunturale positiva (+0,2%) per il valore complessivo delle vendite, sintesi di un incremento dello 0,3% per le vendite di prodotti alimentari e dello 0,1% per le vendite di prodotti non alimentari. Con riferimento allo stesso periodo, il volume del totale delle vendite mostra una variazione nulla, come risultato di un aumento dello 0,1% per le vendite di prodotti non alimentari e di una variazione nulla per quelle di prodotti alimentari.

“Il fatto grave è che dopo una ripresa delle vendite nel 2015, per quanto flebile, ora le cose, invece di migliorare, peggiorano – afferma Massimiliano Dona, segretario dell’Unione Nazionale Consumatori – Un’inversione di tendenza decisamente preoccupante. Regge solo la grande distribuzione. I piccoli negozi vedono nuovamente precipitare le vendite, dopo i segnali positivi di febbraio e marzo. E questo sia per gli alimentari, -1,4% su base annua, che per i non alimentari, -1,3% nei dodici mesi. Chiediamo, quindi, che il Governo, nella prossima Legge di stabilità, si preoccupi di ridare capacità di spesa alle famiglie, più che abbassare le tasse alle imprese. Tagliare l’Ires non è la cura per guarire dall’infezione, serve solo ad abbassare la febbre” conclude Dona.

“Queste nuove diminuzioni delle vendite assumono un carattere allarmante se si pensa alla contrazione registrata negli ultimi anni: dal 2012 al 2015 vi è stata una riduzione dei consumi del -10,2% (con una diminuzione complessiva della spesa delle famiglie di 72,2 miliardi di euro) – commentano Federconsumatori e Adusbef – Di fronte ad una diminuzione di tale portata, ancora più aggravata dai dati odierni, ci chiediamo cosa aspetti il Governo ad intervenire”. 

“Cos’altro serve per capire che la crisi della domanda interna ha raggiunto ormai dei livelli insostenibili e che è indispensabile agire per una redistribuzione dei redditi? – chiedono Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef – È prioritario, per il Paese, avviare con urgenza un piano shock, in grado di proiettare il sistema economico verso la crescita. Il primo passo in tal senso è l’avvio di un Piano Straordinario per il Lavoro che, attraverso interventi per la crescita, la modernizzazione, la messa in sicurezza antisismica, l’innovazione e la ricerca, dia nuovo reddito, nuova occupazione e nuove prospettive ai tanti giovani disoccupati. Non bisogna dimenticare, infatti, che intervenire sull’occupazione significa, in primo luogo, far ripartire la domanda: da un recente studio effettuato dal nostro Osservatorio Nazionale Federconsumatori, è emerso che, se la disoccupazione tornasse a valori intorno al 6% (livello pre-crisi, ancora eccessivo a nostro parere), la capacità di acquisto delle famiglie aumenterebbe di circa +40 miliardi di euro l’anno. In quest’ottica non c’è più tempo da perdere, ne è stato perso fin troppo. È il momento di agire e chiediamo a Governo e Parlamento intero di farlo al più presto”.

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