Tanto tuonò che piovve! Dopo tanto parlare di olio di palma, arriva un verdetto forte dall’Efsa, Autorità per la sicurezza alimentare europea: l’olio di palma contiene 3 sostanze contaminanti tossiche (di cui una classificata come genotossica e cancerogena), che si formano nel processo di raffinazione ad alte temperature (200°C). Per questo il consumo di prodotti alimentari con discrete quantità di olio di palma viene sconsigliato a bambini e adolescenti. 
Le sostanze in questione sono l’estere glicidico degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD). Il problema riguarda anche altri oli vegetali e margarine, ma l’olio di palma ne contiene da 6 a 10 volte di più. Gli alimenti sotto accusa sono: merendine, biscotti, grissini, cracker, fette biscottate, prodotti da forno e cibi per l’infanzia preparati con il grasso tropicale.
Il Fatto Alimentare denuncia: “La situazione è seria. Basta dire che per l’estere glicidico degli acidi grassi (GE), non è stata stabilita una soglia perché trattandosi di una sostanza cancerogena e genotossica non deve essere presente negli alimenti (proprio come succede per il colorante Sudan, la cui presenza anche in dosi minime è motivo di ritiro del prodotto). I GE sono un potenziale problema di salute soprattutto per i bambini e i giovani, e per tutte quelle persone che assumono cibi ricchi di acidi grassi di palma”.
“L’Efsa riferisce che la quantità di GE negli oli e grassi di palma è stata dimezzata negli ultimi 5 anni grazie a modifiche del processo produttivo. In Italia però il consumo di olio di palma negli ultimi 5 anni è quadruplicato per cui il miglioramento è stato vanificato (le importazioni sono passate da 274 mila tonnellate del 2011, a 821 mila tonnellate del 2015 – Istat)”.
L’Efsa ha invece fissato una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno per il 3-MCPD, mentre non si hanno abbastanza dati tossicologici per stabilire un livello di sicurezza per il 2-MCPD. Anche in questo caso l’apporto più significativo deriva dall’olio di palma e il parere dell’Efsa è altrettanto severo “le quantità per i bambini e gli adolescenti (fino a 18 anni) superano la dose giornaliera tollerabile e costituiscono un potenziale rischio per la salute”.
Il consumo di olio di palma in Italia ha ormai raggiunto livelli record: in Europa siamo i principali utilizzatori e i consumi sono da record 12 grammi al giorno pro capite. Il Fatto Alimentare rilancia la sua campagna di sensibilizzazione per prodotti “palm free” e la petizione portata avanti insieme a Great Italian Food Trade che ha già raccolto oltre 175 mila firme. Il risultato è che sul mercato ci sono già più di 700 prodotti “palm free”. 
Proprio due giorni fa Help Consumatori ha intervistato la pediatra Margherita Caroliconsigliera dell’OMS, che, rispetto al valore nutrizionale dell’olio di palma, ha spiegato: “Mi dispiace ma l’olio di palma non è uguale al burro. Il burro ha infatti solo il 21g di acido palmitico mentre l’olio di palma ne ha quasi il doppio e cioè 41g. Anche a sommare gli altri grassi saturi che predispongono alle malattie cardiovascolari e cioè gli acidi miristico e laurico arriviamo a 31g e quindi sempre una quantità inferiore a quella dell’olio di palma”.


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