Facebook e fake, ovvero il mondo delle false identità sui social network. Per la prima volta, il Garante per la protezione dei dati personali ha affermato la propria competenza a intervenire a tutela degli utenti italiani pronunciandosi nei confronti del colosso figlio di Mark Zuckerberg. L’occasione è stata data da un cittadino italiano iscritto al social newtwork che lamentava al Garante di essere stato vittima di minacce, tentativi di estorsione, sostituzione di persona da parte di un altro utente di Facebook.
L’impostore, dopo aver chiesto e ottenuto la sua “amicizia”, avrebbe inizialmente intrattenuto una corrispondenza confidenziale, poi sfociata nei tentativi di reato. Il ricorrente sosteneva, inoltre, che il “nuovo amico”, visto il suo rifiuto di sottostare alle richieste di denaro, avrebbe creato un falso account, utilizzando i suoi dati personali e la fotografia postata sul suo profilo, dal quale avrebbe inviato a tutti i contatti Facebook dell’interessato fotomontaggi di fotografie e video gravemente lesivi dell’onore e del decoro oltre che della sua immagine pubblica e privata.
Per casi di questo tipo, il Garante per la Privacy ha previsto che Facebook comunichi ad un proprio utente tutti i dati che lo riguardano (informazioni personali, fotografie, post), compresi anche quelli inseriti e condivisi da un falso account, il cosiddetto “fake”. Non solo: la società di Menlo Park dovrà bloccare il fake ai fini di un’eventuale intervento da parte della magistratura. Il social network dovrà, inoltre, fornire all’iscritto, in modo chiaro e comprensibile, informazioni anche sulle finalità, le modalità e la logica del trattamento dei dati, i soggetti cui sono stati comunicati o che possano venirne a conoscenza.
Accogliendo il ricorso dell’iscritto a Facebook in questione, l’Autorità, anche alla luce della direttiva 95/46/EC e delle sentenze della Corte di Giustizia europea “Google Spain” del 13 maggio 2015 e “Weltimmo” del 1 ottobre 2015, ha quindi ordinato a Facebook di comunicare all’interessato tutte le informazioni richieste entro un termine preciso. L’Autorità non ha invece ritenuto opportuno ordinare alla società la cancellazione delle informazioni, poiché esse potrebbero essere valutabili in sede di accertamento di possibili reati. Ha di conseguenza imposto a Menlo Park di non effettuare alcun ulteriore trattamento dei dati del ricorrente e di conservare quelli finora trattati ai fini della eventuale acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria.


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