
Liberalizzazione farmaci di fascia C: occorre più trasparenza nei prezzi
“Curarsi non dovrebbe essere un lusso” è lo slogan che accompagna la campagna di ‘Liberalizziamoci’, la piattaforma creata da Conad che ha raccolto 170.000 firme per chiedere la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C con obbligo di ricetta. Le firme sono arrivate in Senato e rappresentano la parziale vittoria di una battaglia che, da tempo, è stata intrapresa da Conad insieme alla Federazione nazionale parafarmacie italiane e Altroconsumo. L’obiettivo è ambizioso perché si tratta di ottenere che i farmaci di fascia C, ovvero quelli a carico dei cittadini e che in Italia sono circa 3800 tra antidolorifici, antidepressivi, anticoncezionali ecc, vengano venduti anche nelle parafarmacie e nei corner degli ipermercati come Conad.
Ma in Italia, si sa, quando si parla di associazioni professionali ci si scontra con un sistema dove la concorrenza è limitata, l’offerta è monopolizzata e le rendite protette, a discapito delle famiglie costrette ad affrontare costi elevati. Commercializzare i farmaci di fasca C al di fuori delle farmacie significa una maggiore concorrenza, un freno alla corsa dei prezzi e un notevole risparmio per i cittadini. È stato calcolato infatti che per questi farmaci, secondo l’ultimo rapporto di Assosalute, le famiglie spendono in media 11,8 euro cadauno e cioè 3,7 euro in più rispetto a quelli già liberalizzati. Questi ultimi sono i farmaci di automedicazione: i Sop, ovvero quelli per lievi patologie che non hanno obbligo di ricetta e gli Otc ovvero i farmaci da banco che possono essere oggetto di campagne pubblicitarie. La loro liberalizzazione è avvenuta grazie al decreto Bersani del 2006. Analizzando i prezzi di 24 medicinali tra i cinquanta tipi più venduti di farmaci da banco e senza obbligo di prescrizione, è emerso che acquistando nelle parafarmacie il risparmio, rispetto all’acquisto in farmacia è tra il 5,7% e il 10,4%. Prendiamo una confezione di analgesico. In farmacia costa 8,93 euro, mentre nell’angolo specializzato di un ipermercato lo si può trovare a 7,55 euro. (Fonte: Liberalizziamoci/Altroconsumo).
Il decreto Bersani, se da una parte ha innescato dinamiche competitive tra i vari canali di vendita favorendo il contenimento dei prezzi dei farmaci e un risparmio di 1,8 miliardi per i cittadini, non ha modificato le abitudini di acquisto dei consumatori. Secondo i dati dell’indagine condotta annualmente da IMS Health, in Italia a 8 anni dalla liberalizzazione le farmacie continuano a vendere ancora il 90% dei farmaci senza obbligo di ricetta. Ecco perché è necessario che, accanto alla liberalizzazione, si sviluppi anche un’attività di trasparenza nella comunicazione per aiutare il consumatore a orientare meglio le sue scelte d’acquisto.
di Ludovica Criscitiello
