Sanzioni pesantissime per aborto clandestino: la protesta delle donne
Sale la protesta delle donne nei confronti del decreto che stabilisce multe salatissime, da 5 mila a 10 mila euro, per chi si sottopone ad aborto clandestino. Nei giorni scorsi si sono mobilitati Donne in rete contro la violenza (DiRe) mentre online si è scatenato un vero e proprio tweetbombing partito dal blog dell’attivista Anarkikka al grido di #obiettiamolasanzione e inviato direttamente al presidente del Consiglio e al Ministro della Salute. Come possono difendersi le donne, se in media il 70% dei medici in tutta Italia è obiettore di coscienza?
Il tweetbombing dei giorni scorsi – #ObiettiamoLaSanzione No all’aggravio delle sanzioni per l’aborto clandestino @matteorenzi @bealorenzin – ha avuto un’enorme risonanza in rete. Il decreto depenalizzazioni approvato lo scorso 15 gennaio dal Consiglio dei Ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 gennaio di quest’anno modifica le sanzioni rispetto all’aborto clandestino: prima alla donna, dopo procedimento giudiziario, veniva ingiunta una multa fino a 51 euro. Ora non c’è più il reato penale ma la multa è un salasso. Per l’aborto clandestino, infatti, si snatura la sanzione puramente simbolica prevista dalla legge 194 – che serviva alle donne a denunciare – si cancella il reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza ma si prevede una multa fra 5 mila e 10 mila euro.
Tutto questo, spiegano le Donne in rete contro la violenza, a fronte di una situazione in cui in tutta Italia il 70% dei medici e infermieri sono obiettori di coscienza, con percentuali ancora maggiori in alcuni contesti regionali: la Calabria è al 73%, la Campania all’82%, in Puglia gli obiettori di coscienza sono l’86% del totale, in Sicilia siamo all’87,6 % e nel Lazio l’80%, in Basilicata si arriva al 90 % di obiettori e in Molise al 93,3%. Denuncia DiRe: “Invece di promuovere campagne di sensibilizzazione e, soprattutto, rendere più accessibile l’aborto farmacologico in regime di day hospital o possibile nei consultori familiari e nei poliambulatori – la RU486 viene utilizzata in uno scarso 10% negli ospedali, perché i costi di tre giorni di ricovero, previsti solo nel nostro Paese, sono altissimi – il Governo è intervenuto, ancora una volta, in un’ottica non funzionale ed esclusivamente moralistica, ignorando completamente le ragioni per cui la legge 194 comminava una multa simbolica, ovvero permettere alle donne di denunciare i cucchiai d’oro che praticavano aborti fuori dalla struttura pubblica ma, soprattutto, permettere loro di andare in ospedale al primo segno di complicazione e salvarsi la vita”.
Dal canto suo, Donne in rete contro la violenza ha scritto una lettera aperta a Renzi in cui lamenta prima di tutto la mancanza di attività per il Dipartimento delle pari opportunità, che non ha neanche un ministro e che “è fermo e privo di direzione, affidato unicamente alla buona volontà dei singoli funzionari”. Denuncia che “restano pochi, erogati a singhiozzo e con ritardo i finanziamenti per i Centri antiviolenza, che le Regioni spendono troppo spesso senza criteri certi e in modo incontrollabile e che talvolta non spendono affatto”. E punta i riflettori proprio sul decreto legislativo sulle depenalizzazioni che prevede la cancellazione del reato penale per aborto clandestino ma inasprisce la multa, che all’articolo 19 della legge 194 era fissata a 51 euro e che ora il Governo ha portato a una cifra fra i 5mila e i 10 mila euro. “Noi Le chiediamo pubblicamente, di fare in modo che questo gravissimo errore contenuto nel decreto sulle depenalizzazioni sia corretto subito per evitare conseguenze incalcolabili, e Le ricordiamo inoltre che abortire legalmente e in sicurezza nel nostro paese sta diventando impossibile, visto che il 70 per cento dei medici sono obiettori di coscienza”.