Le donne continuano a guadagnare, a parità di lavoro, oltre il 16% in meno rispetto agli uomini. Significa che in tutta Europa lavorano 59 giorni a salario zero. Negli ultimi anni qualche cambiamento c’è stato ma è legato soprattutto alla diminuzione dei salari maschili. In Italia il divario retributivo è fra i più bassi d’Europa – pari al 6,7% – anche se è aumentato negli ultimi anni. Oggi l’Unione europea celebra la Giornata per la parità retributiva, scelta non a caso il 28 febbraio: corrisponde al 59° giorno dell’anno perché sono appunto 59 i giorni che una donna dovrebbe lavorare in più per guadagnare quanto un uomo.
Le ultime cifre rese note oggi dalla Commissione europea parlano chiaro: il divario retributivo di genere, cioè la differenza media tra la retribuzione oraria di uomini e donne sull’intera economia, è rimasto quasi immutato negli ultimi anni ed è ancora del 16% circa, attestandosi al 16,4%, come l’anno precedente.
Il divario retributivo di genere è la differenza tra il salario orario medio lordo degli uomini e quello delle donne sull’intera economia dell’Unione. Gli ultimi dati indicano per il 2012 un divario retributivo medio del 16,4% nell’Unione europea e confermano una stagnazione dopo la lieve tendenza al ribasso degli ultimi anni rispetto al 17% e oltre degli anni precedenti. In Italia  il divario è tra i più bassi dell’UE e si attesta al 6,7%: è minore solo in Slovenia, Malta e Polonia. Il divario più elevato si registra in Estonia, Germania e Austria, dove il divario si attesta rispettivamente al 30%, 23,4% e 22,4%. In Danimarca, nella Repubblica Ceca, in Austria, nei Paesi Bassi e a Cipro si registra una costante riduzione del divario, mentre altri paesi (Polonia, Lituania) hanno invertito la tendenza al ribasso nel 2012. In alcuni paesi, come l’Italia, l’Ungheria, il Portogallo, l’Estonia, la Bulgaria, l’Irlanda e la Spagna, il divario retributivo tra i sessi è aumentato negli ultimi anni.
La tendenza al ribasso è legata a fattori quali l’aumento della percentuale di lavoratrici con un elevato livello di istruzione ma anche alla crisi economica, che ha portato a una riduzione dei salari in alcuni settori a prevalente manodopera maschile: il lieve livellamento che c’è stato non dipende dunque esclusivamente dall’aumento della retribuzione femminile o da un miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne. La Commissione evidenzia inoltre che fra gli ostacoli principali alla parità retributiva ci sono sistemi retributivi poco trasparenti e ostacoli procedurali per cui le vittime di discriminazioni retributive non sono informate a sufficienza su come presentare ricorso. Una maggiore trasparenza dei sistemi salariali, evidenzia la Commissione Europea, permetterebbe un confronto immediato delle retribuzioni e dunque renderebbe più facili le rivendicazioni.
Sostiene Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione europea e Commissaria per la Giustizia: “La giornata europea per la parità retributiva serve a ricordarci le disparità di condizioni retributive che ancora oggi le donne subiscono sul mercato del lavoro. Negli ultimi anni il divario si è ridotto solo in misura marginale. La constatazione più amara è che il lievissimo livellamento cui assistiamo è in buona parte attribuibile a una diminuzione delle retribuzioni maschili, come conseguenza della crisi economica, più che a un aumento di quelle femminili. La parità retributiva per uno stesso lavoro è un principio sancito dai trattati dell’Unione ed è giunto il momento, dopo anni di inazione, di farla diventare una realtà per le donne in Europa. La Commissione europea sta attualmente preparando un’iniziativa volta a favorire il cambiamento, in modo che nel prossimo futuro non ci sia più bisogno di una giornata per la parità retributiva.”


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