TopNews. Amnesty: in Italia deriva verso razzismo, odio e violenza
In Italia c’è “una deriva sempre più veloce verso il razzismo, l’odio e la violenza”. C’è un discorso pubblico che si è degradato e una diffusione di xenofobia e discriminazione, ma anche di violenza, che sta intossicando il tessuto sociale e il rapporto verso tutti coloro che vengono percepiti come “diversi”. Categoria sempre più ampia, che comprende migranti, oppositori politici, donne, rom, poveri. La denuncia viene da Amnesty International Italia nel giorno in cui vengono presentati i dati dell’annuale Rapporto sui diritti umani nel mondo.
Ed è il mondo intero che sta raccogliendo “i terribili frutti della retorica, intrisa d’odio, che minaccia di normalizzare massicce discriminazioni ai danni dei gruppi marginalizzati”, è il monito lanciato da Amnesty International, che sottolinea però la crescita di nuove forme di attivismo sociale e digitale e l’azione in tutto il mondo degli attivisti impegnati nella ricerca di giustizia sociale e nella promozione dei diritti.
Si diceva dell’Italia e di un clima che si è degradato. Sostiene Gianni Rufini, Direttore generale di Amnesty Italia: “L’ultimo anno lo ha confermato, non solo con il crescente spostamento dell’opinione pubblica e, soprattutto, del mondo politico verso posizioni xenofobe e discriminatorie, ma anche con l’esplodere della violenza in centinaia di casi in tutto il territorio nazionale. I recenti fatti di Macerata, che hanno prodotto giustificazione e sostegno da parte di molti verso il terrorista che ne è stato responsabile,e a seguire quelli di Palermo e di Perugia, in cui dei militanti sono stati aggrediti fisicamente da avversari politici, sono il sintomo di un imbarbarimento sempre più grave del nostro paese”.
Di fronte a tutto questo sembra che non siano partiti i meccanismi di garanzia e tutela dei diritti. “Politica, magistratura, forze dell’ordine e media sembrano tutti inerti, se non addirittura complici, di fronte a questo fenomeno, che sta letteralmente intossicando non solo il rapporto tra italiani e migranti ma anche quello tra italiani e italiani – dice Rufini – Oppositori politici, persone LGBTI, donne, Rom, poveri e altre persone vulnerabili entrano sempre più spesso nel mirino, vittime di una intolleranza ed emarginazione sempre più spietata, che disumanizza chi è diverso da “noi”, in una logica di ostilità e contrapposizione”. E sui social media l’intolleranza si traduce in odio, insulto, incitamento alla violenza. “Il linguaggio di odio,con il suo corredo di fake news, è moneta corrente sui mezzi di comunicazione e rischia di creare una società sempre più divisa, favorendo gravi passi indietro nei confronti dei diritti umani”, dice Rufini. Per questo Amnesty ha lanciato, in vista delle elezioni politiche di marzo, un “barometro dell’odio” per monitorare il linguaggio usato dai candidati e dai leader politici.
La retorica dell’odio produce e riproduce divisioni. Discorsi d’odio e crimini motivati dall’odio sono la chiave di lettura dell’analisi fatta quest’anno, spiega il presidente di Amnesty Italia Antonio Marchesi, e le persone che ne sono vittima sono strumentalmente presentate come un “problema” e “una minaccia da eliminare”. Dice Marchesi: “C’è continuità rispetto alla retorica divisiva e alle politiche demonizzazione che denunciavamo l’anno scorso. Quella retorica e quelle politiche stanno dando i loro frutti. C’è infatti il rischio concreto di una normalizzazione delle discriminazioni massicce ai danni di certi gruppi di persone, minoritari e marginalizzati. Aggiungo che l’ostilità di molti governi tende ad estendersi anche contro chi si schiera a difesa delle vittime: contro organizzazioni della società civile, intimidite e criminalizzate in un numero crescente di paesi. Non solo il “noi contro loro”, ma anche il “noi contro chiunque si metta di traverso”. E questo capita in tutto il mondo.
A livello globale, Amnesty non può tacere l’involuzione che c’è stata a partire dalle politiche statunitensi. “Il gesto, apertamente mosso dall’odio, dell’amministrazione Usa che nel gennaio 2017 ha impedito l’ingresso nel paese a persone provenienti da alcuni stati a maggioranza musulmana, ha dato il là a un anno in cui i leader hanno portato le politiche dell’odio alle loro più pericolose conclusioni”, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. “Nell’orrenda campagna militare di pulizia etnica contro i rohingya in Myanmar, abbiamo visto cosa produca una società incoraggiata dall’odio e dalla paura verso le minoranze e dalla loro individuazione come capri espiatori”.
I leader mondiali hanno abbandonato i diritti umani e hanno fatto marcia indietro. “La debole risposta ai crimini contro l’umanità e ai crimini di guerra commessi in Myanmar, Iraq, Sud Sudan, Siria e Yemen sottolineano la mancanza di leadership nel campo dei diritti umani. I governi stanno vergognosamente facendo arretrare le lancette dell’orologio a scapito di decenni di conquiste per le quali si era lottato duramente”, ha proseguito Shetty. Fra i segnali negativi, vengono citati il giro di vite in Francia nei confronti del diritto di manifestare e i tentativi di riportare indietro i diritti delle donne in Russia, Polonia e Usa.
Lanciando il Rapporto a Washington D.C., Amnesty International intende sottolineare come l’arretramento del presidente Trump sui diritti umani stia stabilendo un pericoloso precedente per altri governi.“I difensori dei diritti umani nel mondo possono trovare alleati nella popolazione degli Usa, non nel loro presidente. Mentre quest’ultimo assume iniziative che violano i diritti umani in casa e all’estero, le attiviste e gli attivisti statunitensi ci ricordano che la lotta per i diritti umani universali è sempre stata promossa e vinta a partire dalle proprie comunità”, ha dichiarato Margaret Huang, direttrice generale di Amnesty International Usa.
Fenomeni globali, anche digitali, come il #MeToo negli Usa e, in America Latina il “Ni Una Menos”, che si sono mobilitati nella denuncia della violenza contro le donne e le bambine, evidenziano la portata e le nuove forme della reazione in difesa dei diritti. “L’indomito spirito delle donne alla guida di potenti movimenti per i diritti umani ci ricorda che il desiderio di eguaglianza, dignità e giustizia non verrà mai soppresso. C’è la sensazione palpabile che i movimenti di protesta stanno crescendo ovunque nel mondo. Se i governi si opporranno a questi movimenti, la loro legittimità ne farà le spese”, ha commentato Shetty.
Nella lotta per i diritti umani, si rinnova poi l’importanza della libertà di espressione, che quest’anno sarà un vero terreno di battaglia, considerato anche il tentativo di manipolazione dell’opinione pubblica fatto dall’alto attraverso “fake news”. “Nel 2018, non possiamo dare per scontato che saremo liberi di radunarci per protestare o criticare i nostri governi: prendere la parola sta diventando sempre più pericoloso”, ha detto Shetty. Le più grandi carceri per giornalisti, denuncia Amnesty, sono la Turchia, l’Egitto e la Cina. Il rapporto ribadisce la necessità di continuare a schierarsi contro la retorica intrisa d’odio che ha alimentato, fra gli altri, le marce nazionaliste in Polonia e negli Usa e la repressione delle persone Lgbti in Cecenia e in Egitto. Senza contare la retorica contro rifugiati e migranti usata dagli stessi governi. Dice Shetty: “Le politiche di Donald Trump possono aver segnato una nuova era regressiva nel campo dei diritti umani ma non sono sole. Basta guardare in giro, dall’Australia all’Ungheria, per constatare come i leader trattino da lungo tempo rifugiati e migranti come problemi da risolvere e non come esseri umani dotati di diritti e che meritano la nostra compassione”.
Notizia pubblicata il 22/02/2018 ore 17.14