Trivelle, Referendum il 17 aprile. Greenpeace: scelta scellerata e antidemocratica
Si terrà il 17 aprile il Referendum per lo stop alle trivelle offshore. Lo ha deciso ieri il Consiglio dei Ministri approvando il decreto per indire il Referendum popolare sull’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro 12 miglia marine hanno durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Non è stata ascoltata quindi la richiesta di un Election day. “È una decisione antidemocratica e scellerata, una truffa pagata coi soldi degli italiani – commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Clima ed Energia di Greenpeace – Renzi sta giocando sporco, svilendo la democrazia a spese di tutti noi. È chiarissima la sua volontà di scongiurare il quorum referendario, non importa se così si sprecano centinaia di milioni di soldi pubblici per privilegiare i petrolieri. L’allergia del Premier alle prassi del buon Governo, però, troverà questa volta risposte nuove, ovviamente democratiche e pacifiche”.
Greenpeace chiede al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, cui spetta l’atto ultimo di indizione del referendum, di respingere la data proposta dal Governo per consentire una votazione effettivamente democratica. “Con un Election Day si garantirebbero i tempi necessari per la campagna referendaria, per poter informare opportunamente i cittadini, e si faciliterebbe la partecipazione democratica, senza moltiplicare inutilmente gli appuntamenti degli italiani alle urne. Inoltre si risparmierebbe una cifra compresa tra i 350 e i 400 milioni di euro, il costo di una votazione disgiunta”. Un sondaggio commissionato dall’associazione ambientalista a Ixè lo scorso dicembre evidenziava come solo il 18% degli italiani fosse favorevole alla strategia energetica del Governo, mentre il 47% si dichiarava già sicuro di andare a votare per esprimersi sull’avanzata delle trivelle.
“Evidentemente l’esecutivo teme che gli italiani ne valutino fino in fondo la portata e si dimostra riluttante ad affrontare seriamente e democraticamente la questione energetica – commenta Rossella Muroni, presidente di Legambiente – Abbiamo chiesto un election day per motivi che riteniamo fondamentali. Si tratta di facilitare la partecipazione al voto dei cittadini, dare loro il tempo di informarsi e valutare il quesito, far risparmiare allo Stato oltre 300 milioni di euro di spesa che due date separate per le votazioni comportano. Non solo: va ricordato che, sulle trivelle, dinanzi alla Corte costituzionale pendono ancora due conflitti di attribuzione, la cui ammissibilità verrà decisa a breve. Qualora il giudizio della Corte dovesse essere positivo, il referendum potrebbe svolgersi su tre quesiti e non solo su uno. Questo elemento però il Governo non lo ha proprio considerato e adesso si rischia anche il paradosso che gli italiani, dopo il 17 aprile, potrebbero essere nuovamente chiamati a votare, sullo stesso tema, in una terza data, con ulteriore spreco di risorse. Per questo ribadiamo la necessità di stabilire un election day in data congrua e ci appelliamo al presidente della Repubblica affinché non firmi il decreto, uscito dal Consiglio dei ministri.”