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Confermato il trend che vede diminuire, seppur lentamente, l’uso delle molecole chimiche per la produzione agroalimentare. E’ quanto emerge da Pesticidi nel piatto 2012, il rapporto annuale di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia (elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e uffici pubblici regionali competenti) che evidenzia, però, insieme all’aumento in percentuale dei campioni in regola, anche l’incremento del numero delle diverse sostanze chimiche presenti contemporaneamente su uno stesso campione. Tra le sostanze maggiormente rinvenute troviamo il clorpirifos, il captano e il fosmet.Il primo è un insetticida riconosciuto da numerosi studi scientifici come interferente endocrino con spiccata attività neurotossica;  il captano è fungicida riconosciuto dall’Epa come possibile cancerogeno e il Fosmet è un insetticida fosforganico dal notevole impatto ambientale  e particolare tossicità riscontrata a danno delle api.
“Una lettura più attenta dei risultati delle analisi condotte dai laboratori regionali ed elaborati da Legambiente in questo studio – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – mostra una situazione tutt’altro che rassicurante, con numerosi casi di prodotti ortofrutticoli e derivati contaminati da 7, 8 e addirittura 9 principi attivi differenti, in un composto che nessuno ha mai studiato e analizzato e che potenzialmente potrebbe essere molto dannoso per la salute dei consumatori e per l’ambiente”.
Il laboratorio della Provincia di Bolzano, ad esempio, ha rilevato fino a 8 diverse sostanze chimiche in due campioni di vino (contaminato comunque dal multi residuo nel 60% dei casi), e addirittura 9 diverse molecole in 3 campioni di uva. Pesante anche la situazione del frutto sano per antonomasia: la mela, contaminata da più residui nell’65% dei casi (anche con 4 e 6 diverse sostanze contemporaneamente). Anche nelle analisi realizzate dai laboratori del Friuli Venezia Giulia troviamo le mele (nell’83,3% dei casi) e il vino (96%) tra i prodotti maggiormente contaminati da multi residuo. Casi analoghi risultano poi, nei dati forniti dai laboratori piemontesi dove in un campione di arance sono stati rintracciati fino a 5 residui chimici,4 in  un campione di finocchi e6 in uno di fragole e uno di uva.
Numerose invece le irregolarità vere e proprie registrate dai laboratori dell’Emilia Romagna che ha condotto numerose e puntuali analisi su tantissimi prodotti dei quali però non fornisce la provenienza (che può essere italiana o estera), relative a pere, pesche, fragole, ciliegie, prugne, susine e melagrane, mentre più di 5 sostanze diverse sono state riscontrate in campioni di albicocche e ciliegie. Nei risultati delle analisi condotte dal Veneto si evidenzia invece la presenza di sostanze chimiche ormai fuorilegge perché non più autorizzate, in un campione di insalata, nelle fragole e nei pisellini primavera. Dati puntuali sono stati forniti anche dai laboratori calabresi che hanno riscontrato la presenza di sostanze chimiche fuorilegge per limiti superiori al consentito in un campione di peperoncino e in uno di pesche.
Sorpresa da parte di Agrofarma secondo la quale non viene dato il dovuto riconoscimento ai controlli regolarmente effettuati dalle autorità competenti sulle produzioni agroalimentari nostrane; l’ortofrutta italiana, infatti, è sottoposta a rigorose e continuative verifiche da parte del Ministero della Salute, dalle quali emerge un quadro del tutto rassicurante per il consumatore. Anche a livello europeo, inoltre, i risultati dell’ultimo Rapporto annuale Efsa hanno dimostrato che,  in tema di residui di agrofarmaci, non vi è alcuna preoccupazione per la sicurezza alimentare: il 97,4% dei campioni analizzati nel 2009 è risultato infatti al di sotto dei livelli massimi consentiti dalla legge.
A supporto di quanto detto, si evidenziano proprio i dati appena pubblicati dell’ultimo Rapporto ufficiale Fitofarmaci del Ministero della Salute che, basandosi sull’analisi di migliaia di campioni, mostrano come in Italia solo lo 0,4% di frutta e verdura presenta residui al di sopra dei limiti di legge – con addirittura il 64,2%, due casi su tre, che ne è del tutto privo – rispetto ad una media europea del 3,5%. Quest’ultimo rappresenta un dato particolarmente significativo se consideriamo che nel Belpaese, dal 1993 a oggi, i residui irregolari sono passati dal 5,6% allo 0,4%. Grazie a questi risultati l’Italia si pone, quindi, leader in Europa in materia di sicurezza alimentare.
In riferimento poi agli allarmi lanciati sulla presenza contemporanea di più principi chimici nei campioni di frutta e verdura, evidenziamo che la stessa normativa che fissa il limite massimo per ogni sostanza eventualmente presente in forma di residuo, nello stabilire tale limite massimo, applica un fattore di sicurezza 100: in tal modo si ottiene una soglia limite che è addirittura un centesimodi quello che potrebbe essere già ammesso. Anche da ciò si deduce con quale grande attenzione le autorità preposte hanno sempre affrontato le questioni legate alla sicurezza alimentare.


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