Glifosato al bando, al via raccolta firme Ue
Parte oggi la raccolta firme online europea per chiedere alla Commissione Ue la possibilità per gli Stati membri di mettere al bando il glifosato, riformando la procedura di approvazione dei pesticidi. A proporla 15 realtà europee tra cui Greenpeace e il Network europeo contro i pesticidi. L’iniziativa dei cittadini durerà un anno.
Tutti i consumatori interessati potranno firmare a questo link. Ripercorriamo insieme le tappe di cui il pesticida più prodotto al mondo è stato protagonista in questo ultimo anno.
Cosa è il glifosato?
Il glifosato è il pesticida ( più precisamente un erbicida) più prodotto al mondo ed è utilizzato soprattutto in agricoltura. Secondo lo Iarc (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro che lavora per l’Organizzazione Mondiale della Sanità ) l’uso agricolo del glifosato è nettamente aumentato dopo lo sviluppo di colture Ogm per renderle resistenti al pesticida stesso. Il glifosato è usato anche in applicazioni forestali, urbane e domestiche ed è stato rilevato in aria durante la spruzzatura, in acqua e nel cibo. La popolazione ne è esposta principalmente attraverso residence nei pressi di aree irrorate, uso domestico e con la dieta.
Comunità scientifica divisa
Difficile trarre conclusioni sul glifosato. E non solo per gli interessi economici che coinvolgono la vicenda ma anche perché la comunità scientifica esprime pareri discordanti. Nel novembre 2015 l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) dichiara “improbabile che il glifosato ponga un rischio di cancerogenicità per l’uomo”. A marzo 2015, invece, lo Iarc definisce il pesticida “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. E tra improbabile e probabile la differenza è altissima.
Arriva il rinnovo dell’autorizzazione
Nel giugno 2016 la Commissione Europea decide di estendere in via provvisoria l’autorizzazione del glifosato per 18 mesi, in attesa entro il 2017 del parere dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) sugli effetti della sostanza per la salute umana e per l’ambiente. Pochi mesi prima il Parlamento Ue aveva chiesto all’Esecutivo di limitare a 7 anni il rinnovo dell’autorizzazione, raccomandando agli Stati membri di limitare o vietare la vendita del glifosato per usi non professionali. Il Parlamento glissa cosí la totale messa al bando dell’erbicida (prevista nella risoluzione della Commissione Ambiente su cui era stato chiamato a votare ) ma chiede chiarimenti all’Efsa invitandola a pubblicare tutte le evidenze scientifiche usate per classificare l’erbicida come “probabilmente non cancerogeno”.
L’allarme glifosato torna protagonista
In Germania in 14 marche note di birra (Beck’s, Paulaner, Warsteiner, Krombacher, Oettinger, Bitburger, Veltins, Hasseroeder, Radeberger, Erdinger, Augustiner, Franziskaner, König Pilsener e Jever) vengono riscontrati livelli di glifosato superiori a quelli consentiti nell’acqua: fra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro, nei casi più estremi quasi 300 volte superiori a 0,1 microgrammi, che è il limite consentito dalla legge per l’acqua potabile. Si torna così a parlare con allarmismo del glifosato sebbene l’Istituto federale per la valutazione del rischio (Bfr), affermi che i residui riscontrati sono “dal punto di vista scientifico plausibili“, dal momento che l’erbicida è autorizzato come diserbante. L’istituto aggiungeva che “un adulto dovrebbe bere intorno ai mille litri di birra al giorno per assumere una quantità di glifosato preoccupante per la salute”.
In Italia le prime analisi arriva da Il Test-Salvagente rilevando tracce di glifosato nella pasta e in altri prodotti a base di cereali, come fette biscottate e corn flakes.
Nasce la campagna “Stop Glifosato”
A luglio 2015 Aiab e Firab lanciano il manifesto “Stop Glifosato” in cui “chiedono a Governo, Ministeri competenti e Parlamento di applicare il principio di precauzione in nome della tutela della salute pubblica”, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l’uso di tutti i prodotti a base di glifosato. Chiedono inoltre alle Regioni di rimuovere il prodotto da tutti i disciplinari di produzione che lo contengono e di escludere da qualsiasi premio le aziende che ne facciano uso evitando di premiare e promuovere “l’uso sostenibile di prodotto cancerogeno”.
A cura di Silvia Biasotto