Continua a far discutere la proposta avanzata dell’ultimo Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura a Bruxelles di eliminare la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” – ovvero il termine minimo di conservazione – da alimenti quali pasta, riso, infusi, alimenti in scatola, per ridurre gli sprechi alimentari. Secondo Altroconsumo, “questa non è la reale soluzione per il consumatore”. La proposta, avanzata da Olanda e Svezia, è sostenuta anche da Austria, Danimarca, Germania e Lussemburgo.
Lotta agli sprechi alimentari? Secondo Altroconsumo, ci sono da considerare due fattori: il 60% del cibo viene sprecato prima di arrivare nei supermercati, e l’80% degli alimenti gettati via dai consumatori sono cibi freschi, quali frutta e verdura, che non hanno l’indicazione sul termine minimo di conservazione. Spiega l’associazione: “Secondo alcune stime, solo il 40% dello spreco alimentare in Europa avviene per mano dei rivenditori e dei consumatori. Questo significa che il 60% del cibo viene sprecato di gran lunga prima che raggiunga gli scaffali dei supermercati. Inoltre è stato dimostrato che quasi l’80% del cibo che viene buttato appartiene al reparto degli alimenti freschi come frutta e verdura, carne e latte: tutti cibi che non contengono l’indicazione “preferibilmente entro” nella data di scadenza, oppure hanno quella “entro”. Questo significa che eliminare l’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro” non garantirebbe una soluzione al problema. Per cercare di ovviare al problema, si dovrebbe cercare di educare i consumatori a distinguere in primis le differenze tra gli alimenti “da consumare entro” e quelli che suggeriscono l’indicazione “preferibilmente”. Inoltre, il problema dello spreco alimentare dovrebbe interessare e riguardare tutta la filiera di produzione, non solo l’ultimo anello della catena”.
Cosa cambia? L’avverbio “preferibilmente” cambia le cose perché significa che dopo la data indicata l’alimento è ancora commestibile, ma ne risente in termini di gusto, aroma, consistenza, colore, e non avrà lo stesso apporto di nutrimenti. Il problema è quanto ci si può spingere oltre la data indicata in etichetta. Afferma Altroconsumo: “Dipende dai casi ma, in linea di massima, più lungo è il termine minimo di conservazione previsto per un determinato alimento e maggiore sarà il margine di tolleranza. Per intenderci: il tonno in scatola, che dura anni, se assunto tre mesi dopo la data indicata non avrà differenze significative. Se abbiamo dubbi, comunque, prima di buttare, apriamo, odoriamo, assaggiamo e decidiamo. Più attenzione richiedono gli alimenti maggiormente deperibili (latte fresco, uova, yogurt, ricotta, pasta fresca…) che prevedono l’indicazione “da consumarsi entro”: il termine è rigido, perché c’è in gioco la salute. Questo non significa che dopo questa data scatta un meccanismo di autodistruzione immediato: in alcuni casi è possibile una certa tolleranza, sempre che il prodotto sia stato conservato correttamente”.


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1 thought on “Scadenza alimenti, Altroconsumo: eliminazione non riduce spreco di cibo

  1. A leggere l’articolo c’è un qui-pro-quo: risulterebbe che 60% del cibo spedito dal produttore venga sprecato prima di raggiungere il punto vendita. Sarebbe una follia !
    Invece quasi certamente Altroconsumo riferisce il 60% al totale dello spreco. Ma forse anche questo dato al massimo può essere riferito alla verdura fresca , altrimenti il comparto alimentare sarebbe già fallito.
    Comunque non ha nessun senso togliere il TMC (data indicativa di consumo preferibile, ma non obbligatoria), perché tale data non ha termini obbligatori ed è attribuita dal produttore che la può anche allungare o raddoppiare a sua responsabilità, e rischio che il prodotto che perdesse le sue caratteristiche venga rifiutato e non più comprato dai consumatori (danno commerciale per il produttore). Il TMC non ha niente a che vedere con lo scarto alimentare ( a meno che il consumatore si dimentichi a lungo di mangiarlo pensando che nella sua dispensa duri in eterno). Invece il prodotto con scadenza può arrivare a scadenza presso il punto vendita per scarsa rotazione, e allora è d’uopo per ridurre lo spreco che con l’avvicinarsi della scadenza venga messo in promozione.
    Il prodotto con scadenza poi può scadere nel frigorifero del consumatore ed essere quindi gettato per evitare problemi salutistici. Questo ha a che fare da una parte con l’educazione del consumatore, e dall’altra, come per lo yogurt, con l’interpretazione fondamentalista delle disposizioni di legge : ad esempio per lo yogurt ed altri alimenti di tipo analogo, può essere adottato il TMC invece della data di scadenza, poiché alla “scadenza” ci sono un po’ meno microorganismi specifici vitali, ma il prodotto è ugualmente commestibile anche dopo diversi giorni senza danno per il consumatore. E lo spreco sarebbe ridotto.

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