Istat: vendite al dettaglio, calo continuo anche per alimentari
È una raffica di segni meno quella che caratterizza le vendite al dettaglio secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat: a luglio si registra una diminuzione dello 0,3% rispetto al mese di giugno, con una diminuzione dello 0,1% delle vendite di prodotti alimentari e dello 0,3% di quelle di prodotti non alimentari. Nel confronto annuale, rispetto a luglio 2012 l’indice grezzo del totale delle vendite segna una flessione dello 0,9%, sintesi di un aumento dello 0,2% per le vendite di prodotti alimentari e di una diminuzione dell’1,6% per quelle di prodotti non alimentari. Nel confronto con i primi sette mesi del 2012, le vendite di prodotti alimentari segnano una flessione dell’1,6% e quelle di prodotti non alimentari del 3,3%, per una diminuzione complessiva del 2,6%.
Nel confronto annuale, il calo riguarda sia i piccoli sia i grandi negozi: le vendite sono in flessione sia nella grande distribuzione (-0,4%) sia nelle imprese operanti su piccole superfici (-1,2%). Fra i prodotti non alimentari, si registrano variazioni negative per tutti i gruppi a eccezione dei prodotti di profumeria e cura della persona (+0,4%). Le flessioni di maggiore entità riguardano i gruppi Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,5%) e Cartoleria, libri, giornali, riviste (-3,4%); quelle più contenute riguardano i gruppi Prodotti farmaceutici (-0,4%) e Utensileria per la casa e ferramenta (-0,6%).
Per Federconsumatori e Adusbef, questi dati confermano una situazione “estremamente allarmante” e peggiorano a vista d’occhio: a luglio le vendite al dettaglio hanno ormai raggiunto livelli minimi dal 2001 e secondo le stime dell’Osservatorio nazionale Federconsumatori nel solo biennio 2012-2013 i consumi delle famiglie sono crollati del 7,8%. “In uno scenario simile l’aumento dell’Iva è impensabile, oltre che da irresponsabili”, dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti Federconsumatori e Adusbef, per i quali l’aumento dell’aliquota “significherebbe decretare un vero e proprio tracollo dei consumi, che avrebbe effetti drammatici su tutti i fronti: per le famiglie, costrette a modificare sempre più radicalmente i propri standard di vita riducendo ulteriormente i consumi; per le imprese, che a causa dei minori introiti sarebbero costrette a ridurre la produzione e ad incrementare la già ampia platea di disoccupati e cassaintegrati; per lo Stato, che si troverebbe a fare i conti con minori entrate a causa della contrazione dei consumi (basti pensare che le precedenti manovre hanno già determinato un minor gettito Iva, da settembre 2011 a maggio 2013, di 5.806,7 miliardi di euro)”.
Ormai aumentano, ma di poco, solo le vendite di cibo low cost nei discount alimentari (più 1%) mentre sette italiani su dieci hanno tagliato le spese per l’alimentazione, che hanno raggiunto il livello più basso degli ultimi venti anni: questo il commento di Coldiretti, che sottolinea come nel 2013 le famiglie abbiano tagliato gli acquisti di cibo un po’ in tutti i settori, dall’olio di oliva extravergine (-10%) al pesce (-13%), dalla pasta (-10%) al latte (-7%), dall’ortofrutta (-3%) alla carne (-2%). Complessivamente, sulla base delle elaborazioni su dati Ismea-Gfk Eurisko relativi al primo semestre dell’anno, c’è un calo del 4% nella spesa alimentare delle famiglie italiane.
“Dovrebbe essere il settore più “resistente” ai colpi della crisi, visto che si può fare a meno di molte cose ma non del cibo, e invece anche il capitolo alimentare ormai da tempo è stato travolto dal crollo generale dei consumi degli italiani”: queste le parole della Cia-Confederazione italiana agricoltori, che sottolinea come nonostante l’aumento delle promozioni le famiglie continuino a non comprare. “E’ chiaro quindi – spiega la Cia – che il timidissimo incremento tendenziale di luglio (+0,2%) delle vendite di prodotti per la tavola certo non basta a invertire un trend così negativo. Oggi i consumi sono tornati ai livelli di trent’anni fa con oltre 16 milioni di famiglie costrette a tagliare di netto anche su quantità e qualità del cibo. E purtroppo le prospettive per il futuro restano “nere”, se non si prenderanno al più presto provvedimenti a sostegno delle famiglie e se si andrà avanti con il previsto aumento dell’Iva”.
Purtroppo aumenta il segno meno anche nella qualità dei prodotti offerti, l’apparizione di marchi sconosciuti . Sarebbe interessante verificare anche il rapporto medio prezzo /qualità dell’acquisto e forse si avrebbero delle amare sorprese, scoprendo che la qualità è scesa più del prezzo.