Prima sono scese in piazza tutte insieme per chiedere al Governo di rivedere i decreti che ridisegnano gli incentivi alle rinnovabili. Ora tutte le imprese energetiche verdi hanno fatto fronte comune e si sono unite negli Stati generali delle rinnovabili termiche ed elettriche e dell’efficienza energetica per parlare con una voce sola e presentare una serie di proposte unitarie da portare in Conferenza Stato Regioni per modificare i decreti sulle rinnovabili. Obiettivo: non affossare il mondo delle rinnovabili, l’unico a trainare l’economia in un momento di crisi, e cambiare il sistema energetico a partire dal confronto con i suoi principali protagonisti.
Il documento, frutto di un lavoro congiunto, è stato presentato oggi a Roma nel corso degli Stati generali delle rinnovabili, iniziativa che vede l’adesione degli ambientalisti di Greenpeace, di Legambiente e del WWF. Domani sarà discusso al SolarExpo di Verona con il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. “Siamo tutti consapevoli che occorre adeguare il sistema di incentivi – si legge nel documento – ma questo passaggio va realizzato con interventi intelligenti, in grado di accompagnare le varie fonti verso la competitività”. Il rischio denunciato dagli operatori della green economy è che la ridefinizione degli incentivi, così come progettata, finisca per danneggiare il settore, “raccontato” negli ultimi tempi come responsabile di un peso notevole in bolletta. “Un falso mito”, spiega Fabrizio Tortora, vicepresidente vicario di Aper  (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili).
La ridefinizione delle modalità di supporto alle rinnovabili e all’efficienza, se gestita male, rischia di mettere in ginocchio l’intero settore”, scrivono le imprese delle rinnovabili, evidenziando che queste hanno coperto il 26% della produzione elettrica nazionale nel 2011 e hanno creato oltre 100 mila posti di lavoro. Gli Stati generali chiedono prima di tutto che “vengano emanati rapidamente, previa consultazione con le parti interessate, sia il decreto sulle rinnovabili termiche atteso dal settembre scorso sia la definizione degli obiettivi dei certificati bianchi al 2020, che quelli relativi alla definizione delle norme per l’immissione in rete e la promozione del biometano”.
Sull’elettrico denunciano, prima ancora che i tagli agli incentivi, “l’aumento del peso della burocrazia” e scrivono che “è unanime la richiesta di abbandono del sistema dei registri e dei limiti annui allo sviluppo delle diverse tecnologie, da sostituire con un meccanismo di riduzione della tariffa che si autoregoli in funzione del volume di installazioni”.
Capitolo Quinto Conto Energia: gli Stati generali chiedono per il fotovoltaico di aumentare un po’ il plafond di spesa previsto, di tornare al limite di 7 miliardi indicato nel quarto energia, di accompagnare il passaggio al nuovo regime con un periodo transitorio di tre mesi dalla data di raggiungimento del limite di spesa previsto. Secondo questa proposta, si passerebbe dall’impegno di 500 milioni di euro l’anno a un miliardo l’anno. Altra richiesta unitaria è quella di “ripristinare i premi previsti dal quarto conto energia per gli interventi più costosi, come gli impianti a concentrazione e lo smaltimento dell’amianto”. Ancora: sulle altre energie rinnovabili per la produzione elettrica, le associazioni di categoria chiedono l’innalzamento della potenza per l’accesso ai registri a 250 kW.
Secondo i promotori, si tratta di proposte che consentono di continuare lo sviluppo delle energie rinnovabili tenendo sotto controllo l’impatto in bolletta, sbandierato nei giorni scorsi come principale argomento contro il settore.
“Ci siamo riuniti per rappresentare la possibilità di un confronto diretto unitario con questo e con i futuri Governi per la crescita delle rinnovabili”, spiega a Help Consumatori Fabrizio Tortora, vicepresidente vicario di Aper.
Tortora elenca i punti maggiormente contestati dei decreti approvati: “La mancata concertazione, i sistemi delle aste e dei registri per i piccoli e per i grandi impianti, l’incertezza normativa in cui il comparto è vissuto e in cui continuerà a vivere con questi sistemi. Si tratta di sistemi energetici che hanno ancora bisogno di un sostegno non solo economico, ma soprattutto di chiarezza normativa, perché chi fa un investimento sulle fonti rinnovabili, che rientra nel lungo termine, ha bisogno di certezza normativa sui soldi investiti. Altrimenti si disincentiva l’investimento sulle fonti rinnovabili, che rappresenta una opportunità in tutti i paesi del mondo mentre in Italia sembra non essere più ritenuta tale”.
Gli investimenti sulle fonti rinnovabili hanno creato opportunità  di sviluppo in diverse Regioni, come l’eolico e il fotovoltaico al Centro Sud, ma, spiega Tortora, “è stato sempre imputato alle fonti rinnovabili un eccessivo costo che ricade sui consumatori. Questo è un falso mito. Il 50% del differenziale di prezzo fra Italia e Germania è legato al prezzo del gas, un altro 25% è legato al costo delle rinnovabili, un altro 25% al differente mix tecnologico, che in Italia è puntato solo sul gas, mentre negli altri paesi ci sono molte altre fonti diversificate dal punto di vista della generazione, che hanno permesso quindi di avere prezzi più bassi. Il 2 e 3 maggio il prezzo in Sicilia è sceso allo zero, perché le rinnovabili hanno immesso energia elettrica in rete gratuitamente. Questo non è riportato correttamente ai consumatori, che invece assistono a un attacco continuo in cui si dice che le rinnovabili costano troppo. Al contrario, come Aper abbiamo realizzato il dossier “Energie senza bugie” che fa vedere quali e quante gabelle siano insite nelle bollette. Stiamo parlando – prosegue il rappresentante di Aper – di consumatori e pmi che pagano in bolletta molte gabelle: il decommissioning nucleare, il sistema della remunerazione verso Ferrovie dello Stato, tutta una serie di piccoli balzelli che sommati danno un vero costo. Il prezzo che poi si crea in borsa all’ingrosso è legato principalmente alle dinamiche del gas, e se il gas è fornito da un solo fornitore, è chiaro che queste sono limitate”.
Ai consumatori è stato raccontato che le rinnovabili pesano tanto in bolletta. Sostiene Tortora: “Questa è stata una campagna mediatica contro le rinnovabili, per trovare un capro espiatorio ai problemi di questo paese nella fornitura di energia elettrica. In bolletta pesa in primis il prezzo dell’energia che paghiamo più alto, a nostro avviso, per scelte politiche sbagliate. Poi in bolletta sono affogate milioni di altre gabelle”. Invece dalle rinnovabili arrivano al sistema paese benefici stimati dai 30 ai 76 miliardi di euro, cifra che comprende tutto un sistema virtuoso dato dalle minori importazioni di combustibili fossili dall’estero, dai benefici sulla salute e sull’ambiente, dalla fiscalità legate alle nuove imprese, da un tessuto produttivo e industriale che consente nuova occupazione.
“Le rinnovabili possono continuare a crescere, con meno incentivi ma anche meno burocrazia, dando certezze agli investimenti e premiando gli interventi virtuosi e l’autoconsumo – afferma Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, intervenuto agli Stati generali – Questo sostengono le associazioni delle rinnovabili che chiedono al Governo di aprire finalmente un confronto sui Decreti, per superare questa fase drammatica in cui il settore è stato prima ignorato e poi duramente colpito con la scelta di un provvedimento che avrebbe effetti devastanti e determinerebbe di fatto lo stop agli investimenti”. Commenta il senatore del Pd Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club: “L’Italia deve continuare a sostenere il settore delle rinnovabili dando stabilità al quadro normativo ed evitando di cambiare le regole ogni sei mesi, come successo negli ultimi anni. Ben venga una graduale diminuzione e rimodulazione degli incentivi, ma le proposte di decreti inviate alle Regioni, su fotovoltaico e rinnovabili  elettriche, sono talmente mal calibrate da minare la tenuta dell’intero comparto”. Le proposte del comparto ora sono sul tavolo e la richiesta è che vengano prese in considerazione.
 
di Sabrina Bergamini


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